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L’Onu lancia l’allarme: più di 800mila persone potrebbero fuggire dal Sudan

A partire dal 15 aprile è ripreso lo scontro armato tra le due fazioni causando distruzione in varie località del paese

A cura di Francesca Scola
Pubblicato il 3 Maggio 2023
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Migranti

In Sudan è in corso una guerra civile. «Se le violenze non cesseranno saranno circa 800mila le persone in fuga dal territorio». Queste le dichiarazioni dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Filippo Grandi. La preoccupazione è stata espressa dal commissario con un post su Twitter. La causa della fuga è una guerra civile scoppiata tra l’esercito e i paramilitari delle Forse di supporto rapido (Rsf).

La guerra in Sudan

Gli scontri hanno origine da una faida tra Abdel Fattah al-Burhan, capo delle forze armate e presidente del Paese, e il suo vice, ovvero il leader delle Rsf, il generale Mohamed Hamdan Dagalo. La guerra è nata per interessi di potere che, però, portano con sé anche quelli delle superpotenze come Cina e Russia. A partire dal 15 aprile è ripreso lo scontro armato tra le due fazioni causando distruzione nella capitale sudanese Khartoum e in altre parti del Paese.

I motivi del conflitto

La disputa tra i militari è nata da quando, nel 2021, il governo è stato soppiantato da un colpo di Stato che ha visto salire al potere il gruppo militante. Il Presidente e il vice non sono, però, stati d’accordo sui passi da attuare per la costituzione di un governo civile e questo ha scatenato l’attrito tra le due fazioni. Una mossa da parte del Presidente sembra essere stata la causa di incomprensioni, dopo di ciò è stato sparato il primo colpo. Non si sa chi abbia iniziato ma si vedono le conseguenze di queste azioni.

Circa 600 morti e oltre 4mila feriti. Gran parte del conflitto si è, infatti, sviluppato nelle aree urbane e civili, in zone densamente popolate. Numerosi i cessate il fuoco annunciati dalle due parti ma, per ora, nessun accordo è stato rispettato. Regno Unito, Stati Uniti e Unione Europea hanno richiesto un cessate il fuoco e dei colloqui di risoluzione ma, per ora,  l’unico pensiero è quello di mettere in sicurezza i propri cittadini allontanandoli dal Paese e gestire le probabili conseguenze della guerra sui civili sudanesi.

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