San Domenico di Guzmàn nacque nel 1170 a Caleruega, in Spagna, in una famiglia benestante. Figlio di Felice di Guzmán e Giovanna d’Aza, fu battezzato con il nome di Domenico di Silos, in onore del santo patrono dell’abbazia benedettina di Santo Domingo de Silos, situata nelle vicinanze. Fin da giovane ricevette un’educazione accurata grazie a uno zio sacerdote, e proseguì gli studi in arti liberali e teologia a Palencia, dove si formò solidamente nella Bibbia e nella dottrina cristiana.
Già in gioventù si distinse per la sua profonda carità e attenzione verso i poveri. Nel 1191, in un gesto emblematico, vendette tutti i suoi beni, comprese le preziose pergamene, per acquistare cibo per i bisognosi. Celebre la frase che pronunciò in quell’occasione: “Come posso studiare su pelli morte mentre tanti miei fratelli muoiono di fame?”.
La vocazione e la missione
A 24 anni, dopo aver completato gli studi, Domenico entrò tra i canonici regolari della cattedrale di Osma e fu ordinato sacerdote dal vescovo Martino di Bazan. Nel 1201, il nuovo vescovo Diego d’Acerbo lo nominò sottopriore e lo coinvolse in una missione diplomatica in Danimarca. Dopo un secondo viaggio, i due si recarono a Roma per chiedere al papa Innocenzo III il permesso di evangelizzare i pagani. Il pontefice li indirizzò invece verso la Francia meridionale, dove l’eresia catara stava prendendo piede.
La missione si svolse a Prouille, in Linguadoca, dove Domenico rimase per circa dieci anni, anche dopo la morte del vescovo Folchetto di Marsiglia. Il suo approccio era improntato alla persuasione: predicazione, colloqui personali, penitenza, povertà e preghiera. Il suo programma apostolico si basava sulla testimonianza dell’amore di Dio, donando la verità nella povertà evangelica.
Per Domenico, la cultura era uno strumento fondamentale per conoscere e trasmettere la fede. Lo studio doveva essere continuo: “di giorno e di notte”, “in casa e in viaggio”. Taciturno per natura, parlava solo di Dio e con Dio.
La nascita dell’Ordine
Con il tempo maturò l’idea di fondare un ordine religioso. Iniziò con una comunità femminile per accogliere donne convertite dall’eresia catara, poi riunì uomini che condividevano il suo ideale, formando il primo nucleo di predicatori. Dopo i massacri dei crociati nel 1209, Domenico condannò apertamente le violenze, anche contro donne e bambini.
Nel 1212, secondo il beato Alano della Rupe, Domenico ebbe una visione della Vergine Maria che gli consegnò il Rosario come strumento di evangelizzazione pacifica. Sempre secondo Alano, la Madonna intervenne anche durante un sequestro da parte di pirati, salvando Domenico e il confratello Bernardo da una tempesta e chiedendo l’istituzione della Confraternita del Rosario, alla quale aderirono per primi proprio i pirati.
Nel 1215, durante il Concilio Lateranense IV, Domenico presentò al papa Innocenzo III la proposta di un ordine dedicato alla predicazione. Il pontefice approvò, suggerendo di ispirarsi alle regole di San Benedetto, San Basilio e Sant’Agostino. Domenico e i suoi compagni optarono per la regola agostiniana, adattandola all’apostolato.
Il 22 dicembre 1216, papa Onorio III approvò ufficialmente l’Ordine dei Predicatori (Domenicani) con la bolla “Religiosam Vitam”. L’ordine si diffuse rapidamente, con numerosi membri inviati in tutta Europa, in particolare a Parigi e Bologna, sedi di prestigiose università.
Tra il 1220 e il 1221, Domenico presiedette i primi due Capitoli Generali, definendo i pilastri dell’Ordine: studio, predicazione, povertà, vita comune, legislazione, missione.
La morte e l’eredità spirituale
Stremato dal lavoro e dalle penitenze, San Domenico morì il 6 agosto 1221 nel convento di Bologna. Le sue ultime parole furono un testamento spirituale: “Abbiate la carità, conservate l’umiltà, possedete la povertà”.
Fu canonizzato da Papa Gregorio IX il 13 luglio 1234. La sua festa liturgica, inizialmente fissata al 4 agosto, è stata spostata all’8 agosto dopo la riforma del calendario liturgico del 1969, per non sovrapporsi alla Trasfigurazione.
Il suo corpo è custodito nella Basilica di San Domenico a Bologna.
Un santo amato e venerato
La grandezza di San Domenico è testimoniata da un elogio che Dio Padre avrebbe rivolto a Santa Caterina da Siena: “San Domenico è l’immagine viva del mio Verbo Incarnato, Gesù. […] Io ho generato questi due figli: uno, Gesù, per natura; l’altro, Domenico, per amore”.
Definito “tenero come una mamma e forte come un diamante”, è uno dei santi più venerati della cristianità. Patrono di città come Bologna, Napoli e Augusta, è ricordato anche da Dante nel XII canto del Paradiso. È protettore di astronomi, oratori, sarti e cucitrici.
Nell’iconografia è raffigurato con abito bianco e mantello nero, simboli di purezza e penitenza. Sulla fronte brilla una stella a otto punte, legata a una visione della madre al momento del battesimo. Nelle mani tiene un giglio, il Vangelo, una croce astile e il Rosario, ricevuto dalla Madonna. Spesso è accompagnato da un cane con una fiaccola, simbolo della sua missione di “incendiare” il mondo con la fede.
I festeggiamenti a Marina di Camerota
A Marina di Camerota, la festa di San Domenico è un evento molto sentito. Il paese, già affollato di turisti, si riempie ulteriormente per il ritorno di tanti emigrati che scelgono di celebrare con i propri cari. La festa è preceduta da una novena e da celebrazioni partecipate. Tuttavia, anche quest’anno, la tradizionale processione per le vie del paese non potrà svolgersi a causa delle note disposizioni sanitarie.
Il momento più suggestivo ed atteso è senza dubbio il tradizionale spettacolo dei fuochi d’artificio a mare: il cielo ed il mare s’illuminano di mille luci e colori, lasciandosi dietro lo stupore di grandi e piccini.
“Benedici questa terra,
o gran Santo, e questo mar,
l’abbondanza si disserra
dai lor flutti al tuo pregar
La tua gente di Marina
deh, si salvi per tua mercé
sempre a noi sorrida pio
è benigno il ciel per te”.