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Sant’Aniello: storia e culto del patrono delle mamme tra Napoli e il Cilento

Il culto del patrono delle mamme e la "contesa" tra Pisciotta e Rodio

A cura di Concepita Sica
Pubblicato il 14 Dicembre 2025
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Sant'Aniello

Sant’Aniello, annoverato fin dal XV secolo tra i 52 patroni di Napoli e festeggiato in numerose località della Campania, gode di una venerazione particolarmente fervente nel Cilento.

Conosciuto come il patrono delle mamme in attesa e dei marinai, Sant’Aniello è invocato come potente intercessore per le partorienti e per i malati. La sua figura, sospesa tra storia e leggenda, continua ad affascinare fedeli e devoti attraverso i secoli, unendo territori diversi sotto il manto della sua protezione.

Le origini e il prodigio dell’infanzia

Sant’Aniello (o Agnello) nasce a Napoli nel 535 da Federico e Giovanna, di origini siracusane. La tradizione narra che la madre, sterile, ottenne il dono della maternità pregando incessantemente la Vergine Maria.

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Il legame con il divino si manifestò precocemente: a soli venti giorni di vita, portato in chiesa per essere offerto alla Madonna, il neonato esclamò miracolosamente “Ave Maria!” di fronte all’immagine della Vergine, lasciando i presenti nello stupore. In memoria di questo evento, sul luogo fu edificata la chiesa di Santa Maria Intercede.

Le notizie biografiche, ordinate nel X secolo dal suddiacono Pietro nel Libellum miracolorum, ci raccontano di un giovane disinteressato ai beni terreni. Alla morte dei genitori, Aniello donò tutti i suoi averi ai poveri e costruì un ospedale per i sofferenti, ritirandosi poi in vita eremitica in una grotta.

Il difensore di Napoli

La popolarità del Santo crebbe a dismisura grazie ai numerosi miracoli attribuiti alla sua intercessione. L’episodio più celebre risale al 581, durante l’invasione longobarda: i napoletani si rivolsero a lui per la salvezza della città. Aniello apparve a difesa delle mura portando nella mano destra il vessillo della Croce, iconografia con cui viene raffigurato ancora oggi.

Per sfuggire alla fama e preservare la propria umiltà, il Santo visse per anni esule a Monte Sant’Angelo (Puglia) e a Guarcino (Frosinone). Tuttavia, spinto da un’apparizione della Vergine, tornò a Napoli dove trascorse il resto della vita nel monastero di San Gaudioso, divenendone Abate. Morì il 14 dicembre 596, all’età di 61 anni.

Una devozione profonda nel Cilento

Se a Napoli il corpo riposa nella chiesa di Sant’Agnello Maggiore a Caponapoli e una reliquia è custodita nel Duomo, è nel Cilento che il culto trova una delle sue espressioni più vive. La diffusione dei nomi Aniello, Agnello e Anella in queste zone testimonia un legame radicato.

La devozione è particolarmente sentita a Rodio, Pisciotta, Vallo della Lucania e Ascea.

Il santuario di Rodio e le tre festività

A Rodio, il culto risale agli inizi del XV secolo. Qui il legame è talmente forte che il Santo viene festeggiato tre volte l’anno:

  • 14 dicembre: memoria liturgica della sua morte.
  • 31 maggio: in ricordo del miracolo che fece cessare un periodo di piogge devastanti, salvando il raccolto e la popolazione dalla carestia.
  • 8 agosto: festa legata alla protezione offerta agli abitanti scampati a una peste in Puglia e occasione di rientro per molti emigrati.

Il 30 luglio 2009, la parrocchia di Rodio è stata elevata a Santuario diocesano, dedicandosi oggi in particolar modo alla difesa della vita nascente. Durante le processioni, è tradizione distribuire pane e vino in ricordo dell’intercessione contro la fame.

La contesa con Pisciotta

Anche la vicina comunità di Pisciotta vanta una storica devozione, nata nel XIX secolo in seguito alla guarigione miracolosa di alcuni malati al passaggio dello stendardo del Santo proveniente da Rodio.

Questo evento scatenò una vera e propria “rivendicazione” del patrocinio, con tensioni storiche tra i due paesi che portarono, nel 1906, alla fondazione di una confraternita a Pisciotta e all’acquisto di una propria statua. Oggi Pisciotta lo celebra il 14 dicembre e il 10 agosto.

Credenze popolari e tradizioni

La figura di Sant’Aniello è avvolta anche dal timore reverenziale della cultura popolare. Si ritiene che il Santo esiga una devozione esclusiva e attenta. Un antico proverbio ammonisce le donne in attesa:

“A Sant’Aniello nun tuccà né forbice e né curtiello.”

Si raccomanda infatti alle future madri di astenersi da lavori taglienti nel giorno della sua festa e di recarsi in chiesa per ottenere la benedizione per il nascituro.

I fedeli guardano a Sant’Aniello come a un modello di carità assoluta, colui che ha venduto tutto per i poveri. Una gratitudine che si rinnova ogni anno nelle preghiere e nei canti che risuonano nel Cilento: “Evviva Sant’Agnello, viva con tutto il cuore il Santo Protettore che il Cielo a noi donò”.

TAG:Cilentopisciottasant'aniello
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