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25 settembre 1949, Palinuro e il miracolo di Sant’Antonio

Il miracolo di Sant'Antonio a Palinuro il 25 settembre del 1949. La storia che segnò quella notte tempestosa e la disperazione di una madre

A cura di Letizia Baeumlin
Pubblicato il 24 Settembre 2022
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Sant'Antonio con bambino statua

Era l’alba del del 25 settembre 1949. Armando Sacco, allora un bambino di soli sette anni, insieme allo zio Ciro, come aveva sempre fatto, salì sul gozzo per iniziare la pesca. Ecco la storia del miracolo di Sant’Antonio a Palinuro.

Il racconto del Miracolo di Sant’Antonio a Palinuro

“Erano le 5:30 di una mattina limpida e serena, una mattina di sole e carmaria (mare calmo), incontrammo un altro gozzo che rientrava dalla pesca notturna, a bordo c’era zio Eugenio che insistentemente pressava per accompagnarci dicendo che durante la notte il mare non gli era piaciuto e lasciare solo il fratello con me ancora bambino non gli sembrava prudente.

Ma zio Ciro prese posizione dicendogli di tornare a casa visto che aveva addosso una notte di duro lavoro ed il mare era buono. Così ci mettemmo a remare verso il largo ignari di cosa sarebbe accaduto di lì a poco. Zio Eugenio non si sentiva tranquillo e non si diede per vinto. Così dopo qualche ora si fece accompagnare dal vecchio Nazareno e ci raggiunse dietro Capo Palinuro.

Erano circa le 11:30 quando improvvisamente si scatenò una tempesta fortissima come mai aveva visto nessun palinurese. I miei zii mi fecero mettere sotto la prua del gozzo che subito si riempì di acqua mentre vedevo loro lottare con forza e fatica contro il mare”. Racconta oggi Armando Sacco.

In quelle ore la mamma del bambino, Maria De Angelis, correva sulla punta più alta di Capo Palinuro, il faro, da dove sperava potesse avvistare il gozzo con a bordo suo figlio ma il tentativo fu vano. All’orizzonte era buio e tempestoso, impossibile vedere oltre pochi metri. Allora tornò a casa, prese con sè la statuetta in pietra di Sant’Antonio e andò sulla spiaggetta della Ficocella.

Con tanta speranza e fede la donna recitò così: “Sant’Antonio mio io mo ti butto in mare, se affondi io non rivedrò più mio figlio”. La statuetta rimase a galla. Calava ormai il buio ma le speranze erano tante, così di lì la donna si recò al porto seguita da una folla di palinuresi che posero la statua del Santo sopra ad uno scoglio in riva al mare, pregando.

Era ormai notte –prosegue Armando Sacco– quando gridai con lo sguardo puntato su Capo Palinuro non abbiate paura, lì, lo vedete? C’è uno vestito da monaco che ci fa luce e con la corda che porta in vita ci sta tirando verso la riva, presto saremo salvi! Ma i miei zii non vedevano nulla.

Dopo una notte lunga e tempestosa, alle 23:30 il gozzo ritornò al porto con tutti a bordo sani e salvi

Erano ormai le 23:30 quando arrivammo al porto salvi ma stanchi, mia mamma mi avvolse in una coperta di lana e mi portò a casa dopo che i miei zii avevano sfidato e vinto sulla morte. Il giorno seguente mia mamma mi portò in Chiesa e io additando il Santo del miracolo dissi: è lui il monaco che ci ha salvati.

“E’ dura la vita del pescatore, ma nessuno ha così tanto da raccontare come chi ha vissuto il mare”- conclude.

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TAG:Cilentomiracolo sant'antoniopalinuro
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