Cilento

Operazione Kamaraton: 39 indagati a processo

Il prossimo 4 marzo il processo

Carmela Santi

23 Dicembre 2020

CAMEROTA. Per 39 indagati coinvolti nell’inchiesta Kamaraton il 4 marzo del prossimo anno inizierà il processo. Sono stati tutti rinviati a giudizio al termine dell’udienza preliminare che si è svolta ieri mattina presso il tribunale di Vallo della Lucania. Altre tre persone coinvolte nella vicenda giudiziaria e legate alla Soget hanno chiesto il rito abbreviato. Per tutti a chiedere il processo era stato il sostituto procuratore Vincenzo Palumbo al termine delle indagini relative alla maxi vicenda giudiziaria che ha sconvolto il Comune di Camerota il 16 maggio del 2019.

L’operazione Kamaraton

Quel giorno scattarono 12 misure cautelari per ex politici, funzionari e professionisti, tutti legati alla giunta guidata dalla seconda metà del 2012 ai primi mesi del 2017 dal sindaco Antonio Romano. Con lui a finire nei guai Antonio Troccoli già primo cittadino, il figlio Ciro Troccoli assessore nella giunta romano, e gli ex amministratori Michele Del Duca, Rosario Abate, Fernando Cammarano. Furono sottoposto agli arresti. Per gli ex primi cittadini si aprirono anche le porte del carcere di Vallo. Poi rimessi in libertà.

Il prosieguo delle indagini il ha fatto numero degli indagati fino ad arrivare ad un totale di 42 e coinvolgendo altri funzionari, avvocati, vigili urbani e dirigenti della Soget. Nel lungo elenco figura anche Giuseppe Occhiati, il dipendente comunale finito in manette pochi giorni dopo il blitz dei carabinieri, beccato in flagranza mentre intascava soldi in cambio del rilascio di un documento all’interno di un bar.

Le indagini avviate dai Carabinieri della Compagnia di Sapri guidati dal capitano Matteo Calcagnile, e coordinate dalla Procura di Vallo hanno fatto emergere l’esistenza di un “collaudato sistema criminale”, stando alle accuse basato su logiche affaristiche e clientelari, funzionale alla spartizione illecita degli appalti a favore degli imprenditori amici.

Le accuse

Per il procuratore capo Antonio Ricci, una vera e propria struttura associativa, in grado di perseguire i propri fini illeciti attraverso l’apparato amministrativo. Venivano rilasciate anche “regolari ricevute” con assunzioni che sfruttavano le difficoltà occupazionali dell’area e portavano a creare occasioni di lavoro non per tutti ma solo per alcuni, e non per merito, al massimo per il numero di voti garantito. E ancora spartizione di gare d’appalto a società riferibili agli stessi amministratori o a soggetti compiacenti o a loro vicini.

Un modus operandi omogeneo e portato avanti per un apprezzabile lasso di tempo, che si sviluppava in particolare sotto le direttive di Romano e Troccoli con l’apporto degli altri. La gestione della cosa pubblica era “Un affare per pochi amici”.

In cambio delle gare pilotate, gli imprenditori fornivano agli amministratori o la classica mazzetta, con somme di diverse migliaia di euro, o assunzioni presso le proprie aziende di personale indicato dagli amministratori, o ancora lavori edili privati in maniera gratuita, pass per parcheggi e ormeggi gratuiti durante l’estate.

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