Lanciò un siero anti cancro studiando le capre
Ricorre oggi lāanniversario della morte di Liborio Bonifacio, il veterinario famoso per il suo siero anticancro. Bonifacio nacque a Montallegro, nellāagrigentino, nel novembre del 1908, ma dopo essersi laureato in veterinaria allāUniversitĆ di Perugia nel 1931 si trasferƬ ad Agropoli dove rimase fino alla morte.
La sua storia balzerĆ sotto i riflettori nel 1956. In una notte di inizio Ottobre, infatti, Bonifacio ebbe la sua intuizione più grande: le capre sono esenti da cancro e, pertanto, tale loro immunitĆ con un siero opportunamente allestito potrebbe essere trasferita allāuomo.
Ma il problema, per Bonifacio, era da dove estrarre quella sostanza in grado di trasferire lāimmunitĆ della capra allāuomo. Indubbiamente doveva essere cercata a livello di un sistema o apparato che coinvolgesse tutto lāorganismo dellāanimale, non sapendo egli stesso quale fosse la causa di quella immunitĆ naturale o acquisita.
Dopo giorni, mesi, di prove e riprove su cavie ed altri animali da esperimento (Bonifacio si era creato un vero e proprio laboratorio), decise di estrarlo dalle feci, allāinterno dellāintestino dellāanimale macellato. Questa fu lāintuizione e cosƬ nacque quello che poi venne definito impropriamente siero Bonifacio.
La voce degli esperimenti di Bonifacio cominciò presto a spargersi ad Agropoli, destando la curiosità di qualche medico del luogo, che invitò lo stesso Bonifacio a presentare il suo prodotto ad alcuni specialisti di Salerno: era il 1954, anno della prima cocente delusione. Il direttore della Scuola di Ostetricia di Salerno, dopo esperienze positive su cavie prima e su pazienti poi, cercando di trarne il massimo vantaggio, chiese a Bonifacio la formula del siero, pena la comunicazione di dati negativi al Ministero della Sanità ! Bonifacio, avvertito in tempo delle intenzioni poco oneste di detto professore, rifiutò di dare la formula.
Ormai si era però innescato un meccanismo a macchia dāolio, per cui la notizia degli esperimenti portati a termine alla Scuola di Ostetricia di Salerno, aveva varcato i confini della cittĆ , della provincia, della regione. Bonifacio era ormai noto alla stragrande maggioranza degli italiani. Cominciarono i primi lunghi pellegrinaggi ad Agropoli, alla ricerca del siero della speranza, la gente faceva ore di fila, le distribuzioni dellāanticancro si susseguivano a ritmo incessante, frenetico, le richieste divennero migliaia, i medici attestavano i miglioramenti su pazienti ormai votati a sicura morte.
Nonostante tutto questo, si era cosƬ giunti al 1969, dei santoni della medicina ufficiale nessun segno, ma ancora più delittuoso era il silenzio di coloro che avevano lāobbligo di salvaguardare la salute pubblica, ovvero ministri, sottosegretari, direttori generali, insomma i facenti parte di quel carrozzone definito Ministero della SanitĆ . āNiente. Non si mosse nienteā. Ma ecco la svolta decisiva: il giornale Epoca, nella sua rubrica Storie impossibili, cominciò ad interessarsi della vicenda, pubblicò una lunga serie di articoli, portando testimonianze dirette, documentando i buoni risultati ottenuti con il siero, aiutando Bonifacio a creare un nuovo laboratorio per la produzione, essendo divenuta la richiesta sempre più pressante e continua, non solo dallāItalia, ma anche dallāestero.
Fu cosƬ che lāallora Ministro della SanitĆ , Camillo Ripamonti, il 31 luglio 1969, comunicò ad Epoca, con una lettera aperta, la decisione di aprire il ācaso Bonifacioā, affidando lāesame preliminare sui fondamenti scientifici del metodo di cura al Prof. Valdoni, per poi eventualmente sperimentare il preparato negli Istituti Nazionali per il Cancro di Milano, Napoli e Roma, nonchĆ© presso lāIstituto di Oncologia dellāOspedale Maggiore S. Giovanni Battista di Torino.
Lā11 agosto 1969, Bonifacio si incontrò con il prof. Valdoni. A settembre Bonifacio consegnò il prodotto allāIstituto Superiore di SanitĆ , per le prove batteriologiche e di tossicitĆ . Improvvisamente il voltafaccia: i direttori dei quattro centri tumori si riunirono e decisero di ridurre gli esperimenti ad un solo Istituto, quello di Roma, mentre il prof. Valdoni veniva totalmente estromesso dalla questione, ed il Ministro emanava il seguente decreto: āPer la vasta risonanza suscitata nella pubblica opinione dalle notizie, largamente diffuse dalla stampa dāinformazione, concernenti le asserite proprietĆ antitumorali di un prodotto biologico di provenienza animale, preparato dal veterinario dottor Liborio Bonifacio. Visto lāesito favorevole delle indagini espletate dallāIstituto Superiore di SanitĆ in merito alla innocuitĆ e sterilitĆ del prodotto e tenendo presente lāopportunitĆ di promuovere una approfondita sperimentazione del prodotto anche sul piano clinico, allo scopo di acquistare ogni più utile elemento di giudizio.
CosƬ, tra le proteste generali, ebbe inizio quella che fu da tutti definita la āsperimentazione burlaā del siero. Infatti, il 29 maggio 1970, dopo appena 16 giorni di sperimentazioni cliniche e su soli otto pazienti, la Commissione Bucalossi assegnava al Ministro il vile verdetto: āLāanticancro Bonifacio ĆØ dichiarato inefficace. Non cura i tumori e non ha alcuna azione sulla loro sintomatologiaā.
PerchƩ tanta fretta a chiudere la sperimentazione dopo appena 16 giorni e non dopo i sei mesi previsti dal decreto ministeriale? PerchƩ su soli otto pazienti e tutti in fase preagonica?
Bonifacio si pose tutti questi interrogativi e con lui migliaia di persone. Bonifacio, sdegnato, si ritirò ad Agropoli, cercando di dimenticare tutta la vicenda, che gli aveva solo procurato unāinfinitĆ di amarezze e delusioni. MorƬ ad Agropoli il 17 marzo 1983.
Di recente alcuni studiosi hanno rivalutato la sua cura ma la medicina ufficiale non ha mai accettato ulteriore sperimentazioni.