La Corte Suprema di Cassazione ha confermato la condanna per un uomo originario del napoletano per coltivazione illecita di marijuana, rigettando il suo ricorso. La sentenza, infatti, ha dichiarato inammissibili i motivi di ricorso presentati dalla difesa. L’uomo era stato già condannato nei precedenti gradi di giudizio; in Appello gli era stata inflitta una pena di due anni e otto mesi di reclusione e 6.000,00 euro di multa.
Il fatto
I fatti risalgono al 24 luglio 2021, quando la Polizia Municipale di Capaccio sequestrò una piantagione di marijuana composta da 2.615 piante e 455 arbusti essiccati, per un peso complessivo di 16,64 kg, da cui sarebbero state ricavabili 665.600 dosi medie droganti. Le analisi successive condotte dai Carabinieri di Salerno stimarono un totale di 232 kg di materiale vegetale secco dalle piante e 57 kg dagli arbusti essiccati, con un principio attivo puro (THC) pari a 11,46 kg e 5,18 kg rispettivamente, corrispondenti a 458.600 e 207.200 dosi medie singole.
Il fondo agricolo dove fu scoperta la piantagione era di proprietà di un secondo uomo che lo aveva ceduto in fitto all’accusato che aveva, a suo dire, l’intenzione di impiantarvi coltivazioni di piante medicinali; la gestione del fondo avveniva insieme ad altre due persone. La difesa aveva lamentato l’omessa considerazione di una memoria difensiva e contestato la sussistenza della responsabilità penale, sostenendo che il rapporto contrattuale si fosse interrotto. Ipotesi, però, non tenuta in considerazione dai giudici.
Le aggravanti
Per quanto riguarda l’aggravante dell’ingente quantità, la Corte ha confermato la sua applicazione, considerando il numero elevato di dosi medie droganti ricavabili (665.600), ben oltre il limite di 2.000 volte il valore massimo soglia stabilito dalla giurisprudenza. Infine, la Corte ha confermato il diniego delle attenuanti generiche, basandosi sui precedenti penali e sulla “scaltrezza complessivamente dimostrata nella vicenda”.