Negli ultimi anni, il sistema sanitario italiano è stato oggetto di trasformazioni profonde, innescate da fattori strutturali, economici e demografici che ne stanno ridefinendo la fisionomia. L’emergenza pandemica ha amplificato criticità preesistenti, evidenziando le fragilità del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), mentre la progressiva diffusione di prestazioni private ha influenzato in modo rilevante le scelte dei cittadini in materia di salute. Il risultato è un equilibrio sempre più precario tra diritto universale alla cura e capacità economica individuale di accedervi.
Un sistema sotto pressione: carenze e diseguaglianze
Il quadro che emerge dai più recenti rapporti sullo stato della sanità pubblica italiana è quello di un sistema afflitto da carenze di organico, liste d’attesa estenuanti e un’offerta ospedaliera ridotta all’essenziale. In molte aree del Paese, specialmente al Sud, risulta difficile ottenere prestazioni specialistiche o diagnostiche in tempi compatibili con la necessità clinica. Solo 13 Regioni su 20 riescono a garantire i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), mentre il fenomeno della “migrazione sanitaria” verso il Nord continua a sottrarre risorse e fiducia al sistema pubblico.
In questo contesto, la domanda di servizi sanitari si orienta sempre più verso il canale privato. Le strutture accreditate e i centri diagnostici convenzionati rappresentano per molti un’alternativa praticabile, sebbene a costi crescenti. Nel 2023, secondo i dati dell’Istat e di fonti Censis, la spesa sanitaria privata per nucleo familiare ha superato i 43 miliardi di euro, con un aumento del 7% rispetto all’anno precedente. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di pagamenti diretti “out-of-pocket”, che aggravano le disuguaglianze economiche e sociali tra i cittadini.
Il ricorso al privato: scelta obbligata o consapevole?
La crescente insoddisfazione verso l’offerta pubblica ha contribuito a cambiare l’atteggiamento dei cittadini nei confronti della sanità privata. Se in passato il settore privato rappresentava una scelta residuale, oggi viene percepito come l’unica via d’accesso tempestiva e affidabile a determinate cure. A far propendere per questa opzione non è soltanto la rapidità di erogazione delle prestazioni, ma anche la possibilità di scegliere il professionista, la struttura e gli orari più congeniali.
Questo spostamento della domanda solleva interrogativi cruciali: quanto è sostenibile un modello in cui il ricorso al privato diventa una necessità più che una scelta? E, soprattutto, quali strumenti possono tutelare i cittadini da un’eccessiva esposizione economica? In questo quadro, si fa strada il ricorso sempre più frequente a un’assicurazione sulla salute, che consente di mitigare l’impatto dei costi sanitari imprevisti e di accedere a una rete selezionata di strutture e specialisti. Non si tratta di un’alternativa al SSN, ma di una forma di integrazione pensata per compensare le sue lacune, garantendo una maggiore continuità di cura.
Un necessario cambio di paradigma
La tendenza al dualismo tra sanità pubblica e privata impone, secondo gli analisti, un necessario cambio di paradigma, come evidenziato nel Rapporto FNOMCeO-Censis 2024. Occorre passare da un modello prestazionale e frammentato a uno centrato sulla prossimità, la prevenzione e la presa in carico globale della persona. È urgente rafforzare i presidi territoriali, investire nella medicina generale, implementare piattaforme digitali interoperabili e garantire equità reale nell’accesso ai servizi, superando le attuali disparità geografiche.Un cambio di passo richiede anche il ripensamento della relazione tra pubblico e privato. Integrare in modo intelligente le due componenti, valorizzando la funzione regolatoria e di garanzia del settore pubblico, appare una strada percorribile per rispondere ai bisogni di salute di una popolazione sempre più anziana, pluripatologica e diseguale.