La rassegna Salerno Classica si prepara a celebrare il momento più atteso del suo “Dicembre Sacro”. Sabato 13 dicembre, alle ore 20.30, il Teatro Augusteo di Salerno ospiterà quello che viene definito come l’evento clou del cartellone: una rappresentazione unica de “La Buona Novella” di Fabrizio De André.
L’iniziativa rappresenta la gemma della programmazione curata dall’Associazione Gestione Musica, sotto la presidenza di Francesco D’Arcangelo e la direzione artistica di Costantino Catena. La realizzazione dell’evento è resa possibile grazie al fondamentale sostegno del Ministero della Cultura (MIC) e della Regione Campania, con il patrocinio del Comune di Salerno.
I Vangeli Apocrifi e l’umanizzazione del sacro
L’opera di De André trae ispirazione dai Vangeli Apocrifi, testi che, più che resoconti storici, costituiscono una raccolta di leggende capaci di umanizzare i protagonisti delle sacre scritture. Attraverso questi racconti, che hanno profondamente influenzato tradizioni e costumi popolari, vengono messi in luce pregi e difetti dei personaggi, talvolta fino alla demistificazione, per soddisfare la curiosità collettiva attraverso il dettaglio e il miracolo.
Il cantautore genovese, da sempre attento alle vicende degli emarginati, attinse a queste fonti — in particolare al Protovangelo di Giacomo e al Vangelo arabo dell’infanzia — per ritrovare temi universali: lo scetticismo, l’ipocrisia, la speranza e la dicotomia tra la giustizia del messaggio cristiano e l’ingiustizia talvolta perpetrata dalle istituzioni ecclesiastiche. Scritto a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, il concept album narra la vocazione umana e terrena di Gesù attraverso la voce di chi lo ha conosciuto.
Una rilettura musicale tra antico e moderno
La versione che andrà in scena a Salerno propone un arrangiamento curato dal compositore Roberto Marino, che ha immaginato l’opera come un oratorio in chiave moderna.
“La narrazione su Gesù avviene – dichiara Roberto Marino – attraverso i personaggi che lo circondano, i testi utilizzati come ‘sorgente’ sono i vangeli apocrifi. Ne emerge un ritratto più umano che spirituale del Messiah e anche una analisi della società e delle contraddizioni dell’epoca in cui l’album è uscito”.
Marino sottolinea inoltre l’approccio stilistico adottato: “Analisi valida ancora ai nostri tempi. Ho immaginato questa musica come una specie di oratorio naturalmente in chiave moderna, usando liberamente armonie e forme moderne contemporaneamente a tecniche antiche di scrittura, ho potenziato le parti vocali e costruito un nuovo tessuto orchestrale pur conservando, con rispetto, le linee melodiche e i principali aspetti dell’arrangiamento originale”.
I protagonisti sul palco
L’esecuzione sarà affidata all’Orchestra ICO 131 della Basilicata, diretta dal maestro Francesco D’Arcangelo. Le parti vocali vedranno protagonisti i solisti Emanuela Baldi e Daniele Simeone, accompagnati dalle voci narranti di Igor Canto e Cristina Recupito.
La complessità dell’opera prevede la partecipazione di due formazioni corali: l’Estro Armonico diretto da Eleonora Laurito e il Coro Calicanto diretto da Milva Coralluzzo e Silvana Noschese. La messa in scena sarà arricchita dagli interventi degli attori del piccolo Teatro Porta Catena — Ciro Girardi, Stefano Schiavone, Temi Capuano, Floriana Darino, Elisabetta Benincasa e Giovanni Carratù — sotto la regia di Franco Alfano.
Dalla pre-natività alla Passione: il viaggio narrativo
Lo spettacolo ripercorrerà i momenti salienti dell’album, iniziando dalla pre-natività, dove la natura assume un ruolo di attrice fondamentale. Si rivivrà la storia di Maria, dalla vita nel tempio fino al matrimonio tramite “lotteria” con i sacerdoti, e il ritorno di Giuseppe dopo quattro anni di assenza, descritto tra scenari desertici e profili inquietanti.
L’Annunciazione viene riletta come un “Sogno di Maria” dai tratti quasi carnali, in perfetta armonia con gli elementi naturali, contrapposti alla rigidità dei sacerdoti. Dopo una distesa Ave Maria, la narrazione affronta il tema del potere e della Passione, con la critica di Tito ai comandamenti e la riscoperta dell’amore in croce al tramonto.
Il significato profondo dell’opera risiede nelle parole dello stesso De André, che descrisse “La Buona Novella” come un’allegoria precisa: un paragone tra le istanze rivoluzionarie del ’68 e quelle spirituali ed etico-sociali portate avanti da Gesù contro gli abusi di potere, in nome di una fratellanza universale.
