Il Mito delle Sirene, sembra sia comune a tutti i popoli del Mediterraneo, ma è di nostra esclusiva competenza, perché è incontrovertibile che le “allegre signorine” avessero casa in territorio di Massa Lubrense e precisamente nell’attuale località denominata Deserto.
Di notte occupavano, quindi, il loro nido, ma al sorgere del sole, con pochi battiti d’ali, esploravano i Golfi di Napoli e di Salerno…qualcuna si spingeva anche nel Sud Tirreno, ed avvistate le eventuali agognate prede, gorgheggiando, aspettavano gli incauti e malcapitati naviganti. Infatti, accadde così anche quando avvistarono la nave di Odisseo, ma quando quest’ultimo ed i suoi compagni ebbero superato, indenni, gli scogli delle Sirene –gli isolotti dei Galli nella parte nord del Golfo di Salerno- le Sirene, figure mitologiche con corpo di donna-uccello, si gettarono in mare, per la disperazione, perché non erano riuscite a prendere l’eroe omerico ed annegarono . I loro corpi, trasportati dalla corrente, si dissolsero al contatto con il suolo, ma i popoli rivieraschi le onorarono erigendo un cenotafio.
Gli studiosi di mitologia individuano tre Sirene e cioè Partenope, Leucosia e Ligea; Partenope, manco a dirlo, fu onorata e venerata a Napoli, Leucosia a Punta Licosa e Ligea in Calabria nei pressi di Nocera Terinese o comunque nella zona del Golfo di Lamezia. Questi luoghi, quindi, divennero i siti ufficiali del culto delle Sirene e per i motivi che dopo vedremo, erano tutti caratterizzati da comuni caratteristiche topomorfiche e cioè un’altura, un isolotto o grosso scoglio a mare, ed un fiume. Tali caratteristiche comuni indicavano che in quei luoghi erano insediati i primi agglomerati umani, perché il luogo era posto sull’altura, posto adatto alla difesa, mentre lo scoglio serviva per l’approdo delle navi e il fiume era la fonte di rifornimento d’acqua e la via per l’interno. Erano quelli i primi agglomerati umani che in quei tempi subivano ancora l’immanenza e l’influenza del Mito.
Il pensiero parmenideo non si era ancora sviluppato e quindi la mitologia ancora non aveva dato spazio alla filosofia, cosicché queste aggregazioni umane subirono il fascino della drammatica fine delle Sirene, dai corpi evanescenti ed effimeri ed eressero a costoro, cenotafi che ancorché vuoti, costituirono oggetto di culto. Sul mito delle Sirene gli studiosi hanno versato fiumi d’inchiostro, perché con il loro Mito, le figlie di Acheloo (dai molti aspetti- ingannatore) fiume greco, costituiscono il segnale d’inizio del pensiero umano (la necessità di esercitare un culto per una divinità sia pure in un vuoto cenotafio).
Oltre Partenope, Leucosia e Ligeia, qualche studioso tedesco, individua una quarta Sirena: Molpe, che in greco antico è scritta con la eta e la iota sottoscritta e cioè:μολπη o μολφη, la ι (iota) veniva inserita sotto la η (eta), cosicché a dire degli studiosi si sarebbe letta con un suono simile a quello che farebbe una e/i. Naturalmente Molpe o Molfe si collocherebbe lì dove c’è la collina della Molpa a Palinuro tra il fiume Lambro ed il fiume Mingardo. Questo insediamento pre-greco di Molpa e poi greco unito alla leggenda che Camerota, località ai confini della Molpa, fosse una Sirena (il suffisso in ota determina di sicuro l’origine greca), era sicuramente un insediamento pelasgico e probabilmente un emporio sulla costa, in epoca storica poi conquistato da Sibari , cosicché corrisponderebbe alla ipotesi di un’origine mitologica aderente al mito delle Sirene, fatto sta che comunque Molpa è indicata come semidivinità (tali erano le Sirene e le ninfe dei fiumi e dei mari).
Il sito di Molpa, quindi, divenuto insediamento umano rimase abitato fino al 6° secolo d.C. fino a che durante la guerra gotico-bizantina non venne distrutto. Gli abitanti fuggirono, in parte nell’entroterra ed in parte per mare ed è opinabile che quelli fuggiti per mare andassero a insediarsi in quel cul de sac del Golfo di Salerno, dando vita ad Amalfi. Gli indizi, che lasciano presupporre che i fatti siano andati così, come ritiene anche Matteo Camera (1), insigne studioso amalfitano di Storia patria, risiedono nel nome Molpe, o Molfe, come ho detto prima e in quella “a” che molto spesso in greco diventa derivativa, come nel toponimo di San Giovanni a Piro dove la “a” è chiaramente derivativa San Giovanni ab Epiro fondata da monaci Basiliani provenienti dall’Epiro; un secondo indizio scaturisce dalla oleografia che identifica da sempre, anche in monumenti amalfitani antichissimi, Amalfi come una Sirena.
Questa ricostruzione della nascita di Amalfi è la più attendibile essendo assolutamente da escludere che abitanti di Melfi, si fossero mossi dalla montagnosa Lucania per fondare Amalfi sul mare. C’è di più, poiché si è anche ipotizzato che Pisciotta,a poche leghe da Molpa, fosse stata fondata da molpesi in fuga da Molpa distrutta , si ipotizzerebbe, così, una comune progenitura tra Pisciotta ed Amalfi supportata dal fatto che a Pisciotta esiste nella toponomastica del paese ab immemorabilia una strada detta Vicolo di Praiano, che com’è noto è un ridente paesino pochissimo distante da Amalfi e quindi dominio di quella città. Se a tutto ciò si aggiunge che nel Vicolo di Praiano esistono i resti della prima chiesa di Pisciotta, la fantasia può sbizzarrirsi nel cercare storie e leggende che legano questa parte del cosiddetto Cilento (ma il Cilento è altro) alla costiera amalfitana e sorrentina, con al quale sono documentati traffici marittimi nel XIII e XIV° secolo. (2)
Le Sirene, simbolicamente, nella Società matriarcale greca, rappresentavano un “pericolo generico fisso” da far evitare in maniera assoluta ai mariti. Le allegre fanciulle prosperavano fintantoché gli uomini le foraggiavano. Odisseo, “ lo qual dovea Penelope far lieta” e che ancora oggi, molti individuano come modello negativo, rappresenta invece, con tutte le sue digressioni –Circe e Calipso- mandategli sulla sua strada dagli Dei, un esempio di marito fedele. Oggi Dei non ce ne sono più, ma le Sirene sono diventate numerosissime; l’avviso ai naviganti, quindi è d’obbligo: attenzione alle Sirene, dunque, le donne di oggi non tessono e sfilano la tela, nell’attesa che il loro Odisseo “le faccia liete”, esse hanno letto Lorenzo dei Medici: “…chi vuol essere lieto sia del doman non v’è certezza!”
Francesco Russo
1Matteo Camera, Istoria della città e costiera di Amalfi, a cura di Forni Editori 1985, copia anastatica dell’originale del 1836, Napoli, Cartiera del Fibreno.
2 Mario Del Treppo e Alfonso Leone, Amalfi medioevale, a cura di Giannini, Napoli 1977.