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Occupazione in aumento in Italia: ma in Europa siamo ultimi

Nel 2022 il tasso di occupazione è cresciuto dell’1,9% nel territorio nazionale, ma l’Italia arriva ultima nella classifica europea.

A cura di Francesca Scola
Pubblicato il 7 Aprile 2023
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Occupazione in Italia

Nel 2022 il tasso di occupazione è cresciuto dell’1,9% nel territorio nazionale, ma l’Italia arriva ultima nella classifica europea. I dati dell’Eurostat segnalano che il tasso di attività lavorativa tra i 15 e i 64 anni è passato dal 58,2% al 60,1% nel nostro Paese.

I numeri in Italia

Superata dalla Grecia che rimonta nella classifica (tasso di occupazione al 60,7%), l’Italia resta, tuttavia, distante di 10 punti percentuali rispetto alla media europea relativa all’occupazione nazionale. Alla lontananza dai criteri base dell’Europa si affianca la sostituzione del lavoro fisso e dipendente con quello precario e autonomo.

A contribuire alla crescita occupazionale è stata sicuramente la riforma Fornero che, dal 2012, ha permesso all’Italia di recuperare circa 15 punti percentuali, mantenendo come riferimento i 16 della media europea. La Germania resta il modello di riferimento per i restanti Paesi con un tasso d’impiego per le donne pari al 73,5% e per gli uomini all’80,9%.

La condizione della donna nell’ambito lavorativo

Il tasso di occupazione delle donne si mantiene comunque minore rispetto a quello degli uomini, la cui crescita è superiore a quella media UE. Il divario rispetto ai restanti Paesi europei risulta, tuttavia, più ampio nella fascia di età che va dai 15 ai 29 anni, ovvero tra i lavoratori più giovani. Sono invece in crescita i lavoratori che rientrano della fascia di 55 ai 64 anni. Un fenomeno che sottolinea la poca attenzione nei confronti delle possibilità occupazionali dei giovani che si avvicinano al mondo del lavoro.

Le dichiarazioni

Pasquale Tridico, presidente dell’INPS, afferma «in Italia scontiamo un problema: parliamo troppo di pensioni ma poco di lavoro, che è ciò che sostiene le pensioni».

Il tasso di occupazione del nostro territorio nazionale va, infatti, aumentato per garantire che «il rapporto tra i lavoratori e il pensionato salga all’1,5».

Questo rapporto sembra, tuttavia, tendere ad abbassarsi ed è necessario un intervento repentino per permettere un’inversione di tendenza.

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