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Celebrati i 161 anni dalla tragica fine della spedizione di Pisacane

Questa mattina iniziativa a Sanza

A cura di Comunicato Stampa
Pubblicato il 2 Luglio 2018
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SANZA. Commovente celebrazione questa mattina presso il Cippo di Pisacane della Spedizione di Sapri, a 161 anni dalla tragica fine dei valorosi Trecento. Alla presenza del Procuratore Capo di Lagonegro, Vittorio Russo, l’amministrazione comunale ha inteso commemorare la figura del patriota Pisacane ricordandone le gesta. La deposizione di una corona d’alloro ed il silenzio intonato da Sabino Curcio, hanno fatto da cornice al ricordo dei fatti che accaddero, attraverso le parole del Procuratore Russo e del Sindaco di Sanza, Vittorio Esposito.

Al termine della cerimonia la benedizione e la preghiera del parroco don Giuseppe Spinelli. Alla presenza delle autorità militari, tra le quali il comandante della stazione Carabinieri di Sanza, Antonino Russo e del comandante della Polizia Municipale, Maresciallo Vincenzo Manduca, il sindaco Esposito, nel suo discorso, ha ricordato il peso della storia sulla comunità locale per quel che accadde quel 2 luglio del 1857. “Sanza è il luogo dove valorosi giovani italiani, 161 anni fa immolarono la propria vita credendo in un ideale di nazione che si rivelò non essere pronta, non essere matura nel riconoscere in senso di patria.

La “Spigolatrice di Sapri”, la poesia di Luigi Mercantini che grazie alla storiografia ufficiale, contribuì ad infondere all’impresa un alone di misticismo laico teso per fini liberal-monarchici, a futura memoria segnò il fallimento della spedizione. “Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti”. Spesso il popolo di Sanza è stato considerato, a torto, responsabile della fine di quel sogno. In realtà, io credo che i responsabili di quel fallimento, e di quella tragedia, che voglio ricordare si consumò nella giornata di ieri nel 1857 alle mura della Certosa a Padula, sono ben altri. Nel maggio del 1857 Mazzini, giunto in segreto a Genova, spinse cinicamente Carlo Pisacane a tentare uno sbarco in Calabria, assicurandogli che, con la sua sola presenza, si sarebbe scatenata la rivoluzione. La spedizione, era nota anche al Garibaldi, che rifiuta di parteciparvi, viene organizzata segretamente dal governo piemontese che mira a far divampare un’insurrezione nelle campagne del sud per sondare la reazione dello Stato delle Due Sicilie ad un’aggressione esterna” ha ricordato Esposito. Una ricostruzione che ha trovato il favore del Procuratore Russo..

“Quel che qui accadde, quella mattina del 2 luglio del 1857, dunque non fu altro che l’epilogo di una storia già scritta e segnata da un fallimento preannunciato. Le teorie politiche così lontane dalla realtà del popolo non sono non erano attecchite, ma anzi causarono sgomento e maggior timore. Dove i rivoluzionari infervorati dai loro stessi discorsi parlavano di repubblica e di rivolte a Napoli, Roma, Genova, Livorno e Reggio Calabria, trovarono gente inerme, che non conosceva neppure i principi fondanti di quel pensiero mazziniano che spinse Pisacane dell’impresa” ha riferito il Procuratore Russo. Presenti alla celebrazione i vertici della Protezione Civile locale e delle Guardie Ambientali; il presidente del Circolo degli Anziani e della Locale Sezione Combattenti e reduci di Guerra

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