Cronaca

Relazione Dia: così la camorra s’insedia nel salernitano. Nel documento anche il blitz al comune di Capaccio Paestum

Dalla Piana del Sele al Cilento, la relazione semestrale della DIA svela come la criminalità organizzata si insedia sul territorio

Ernesto Rocco

28 Maggio 2025

Il rapporto semestrale della Direzione investigativa Antimafia, la cui sezione di Salerno è diretta dal colonnello Fabio Gargiulo, conferma ancora una volta che la camorra c’è nel salernitano ma è silente, perché i vecchi gruppi criminali (alcuni dei quali hanno trovato nuovi capi eredi) pensano a gestire i propri affari illeciti spartendosi le competenze anche sulla base di vecchi accordi di pax mafiosa molti dei quali raggiunti all’inizio del nuovo millennio.

La situazione nella Piana del Sele

La Piana del Sele, fulcro dell’agricoltura e dell’allevamento bovino, in particolare bufalino, si conferma un territorio fertile per le attività criminali. Oltre ai gruppi autoctoni dediti a estorsioni e spaccio di stupefacenti, il settore agricolo e zootecnico è particolarmente esposto allo sfruttamento del lavoro nero e all’impiego di manodopera clandestina.

In questo contesto, il 10 luglio 2024, Carabinieri e Guardia di Finanza hanno eseguito un’ordinanza cautelare che ha coinvolto 47 persone, accusate di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, violazioni in materia di immigrazione, riciclaggio, autoriciclaggio, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.

Contemporaneamente, un decreto di fermo ha colpito altri 7 indagati per violazioni sulla normativa migratoria.

Il sistema “Click Day” e i proventi illeciti

Le indagini hanno svelato l’esistenza di un sodalizio criminale composto da professionisti, imprenditori e cittadini extracomunitari, che dal 2020 lucrava sull’utilizzo illecito della procedura “Click Day” legata ai Decreti flussi. Questo sistema mirava a far ottenere a cittadini extracomunitari il nulla osta per l’ingresso in Italia per motivi di lavoro.

Le vittime pagavano 1.000 euro per ogni istanza, altri 2.000 euro per il nulla osta e ulteriori 2.000 euro per un eventuale contratto fittizio. L’intero sistema si basava sulla costituzione di società ad hoc o sull’utilizzo fraudolento di identità digitali di imprenditori ignari.

Nell’operazione è emerso anche il coinvolgimento nel riciclaggio di proventi illeciti di soggetti riconducibili al clan Cesarano di Castellammare di Stabia (NA). L’intervento ha portato al sequestro preventivo di un terreno agricolo, disponibilità finanziarie e altri beni per un valore di circa 6 milioni di euro.

Eboli e Battipaglia: l’ombra della camorra sui traffici di immigrazione

Sempre in tema di immigrazione clandestina, il 28 ottobre 2024, a Eboli, i Carabinieri hanno arrestato 16 persone accusate di associazione per delinquere finalizzata a reati in materia di immigrazione e falsi, truffa aggravata, devastazione e incendi. L’indagine, scaturita dall’incendio di una villa, ha documentato l’operato di un gruppo criminale che, tramite una rete di contatti e imprenditori compiacenti, lucrava sui nulla osta per l’ingresso in Italia di cittadini extracomunitari. A Eboli, storicamente, hanno operato clan camorristici come il clan Maiale, le cui figure apicali, anche dopo la scarcerazione, hanno ripreso le attività criminali.

A Battipaglia e nei restanti Comuni della Piana del Sele, continua a operare lo storico clan Pecoraro-Renna, una delle organizzazioni camorristiche più strutturate della provincia di Salerno. Questo clan si avvale di gruppi federati come il gruppo Mogavero, interessato agli autotrasporti di prodotti ortofrutticoli locali, il gruppo Bisogni di Bellizzi, specializzato in estorsioni a imprenditori locali, e il gruppo Di Lascio di Acierno, attivo nel traffico di stupefacenti. Recenti indagini hanno rivelato un’inedita alleanza tra il clan Pecoraro-Renna e il clan De Feo di Bellizzi, che avrebbero istituito una “cassa comune” per la spartizione degli utili, in particolare nel narcotraffico.

Il Cilento: nuove presenze criminali e infiltrazioni negli appalti

Nel Cilento, pur non emergendo attualmente la presenza di organizzazioni camorristiche autoctone, si registrano reinvestimenti di proventi delittuosi da parte dello storico clan Fabbrocino, originario della provincia orientale di Napoli. A Agropoli, nel 2020, la Guardia di Finanza ha eseguito misure ablative che hanno evidenziato queste infiltrazioni. La presenza in zona di un esponente di spicco del clan Fabbrocino, recentemente scarcerato e con obbligo di soggiorno a Castellabate, potrebbe essere significativa. Il 23 ottobre 2024, la Guardia di Finanza di Salerno ha eseguito un’ordinanza cautelare nei confronti di un discendente del defunto capo storico del clan Fabbrocino, accusato di autoriciclaggio, bancarotta fraudolenta e reati fiscali, con un sequestro preventivo di circa 350 mila euro.

A Capaccio Paestum, infine, dove ha operato il clan Marandino (ora non più operativo), il 3 ottobre 2024, la Guardia di Finanza ha arrestato 6 persone (tra cui il sindaco Franco Alfieri) per turbata libertà degli incanti e corruzione in appalti pubblici, sequestrando circa 540 mila euro.

Il Vallo di Diano

Quanto al Vallo di Diano il riferimento è all’operazione “Atlante”, conclusa il 29 febbraio 2024 con un blitz a Polla. La DIA e i Carabinieri hanno arrestato 11 persone accusate, a vario titolo, di traffico internazionale di rifiuti, frode fiscale, intestazione fittizia di beni e sottrazione al pagamento delle imposte. Al centro delle indagini un traffico illecito di circa 8.000 tonnellate di rifiuti speciali tra un’azienda locale e una società tunisina, con la complicità di funzionari regionali. Sequestrati beni per quasi 2,8 milioni di euro.

Invece l’11 novembre tra Sala Consilina e Potenza è stata eseguita una maxi operazione congiunta di Carabinieri e Guardia di Finanza contro un’organizzazione criminale radicata nel Vallo di Diano. Otto le persone arrestate, accusate di traffico di droga, truffe all’INPS, riciclaggio e corruzione. Il sodalizio, guidato da un detenuto recluso nella Casa Circondariale di Potenza, operava tramite società intestate a prestanome per mascherare le attività illecite e ottenere indebite indennità previdenziali. Sequestrati beni per circa 70mila euro.

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