Nel giro di pochi giorni, due esercizi commerciali hanno abbassato definitivamente la saracinesca. Un fatto che non rappresenta più l’eccezione, ma conferma una tendenza ormai consolidata: a Eboli la crisi economica locale è diventata normalità“. A dichiararlo è il Partito della Rifondazione Comunista, Sinistra Europea di Eboli.
La progressiva chiusura delle attività economiche si inserisce in un contesto più ampio di fragilità. Chi tenta di fare impresa o semplicemente di resistere viene lasciato solo, senza strumenti, senza reti, senza sostegno concreto. La vita sociale e di comunità si spegne lentamente, mentre si diffonde un senso di rassegnazione.
A fronte di un lavoro precario o totalmente assente, cresce l’emigrazione giovanile. I servizi pubblici, dove ancora presenti, risultano sempre più deboli e marginali, incapaci di rispondere ai bisogni della cittadinanza. Secondo le osservazioni raccolte nel territorio, l’amministrazione comunale appare orientata alla semplice gestione della sopravvivenza, priva di una visione strategica. La quotidianità è governata da interventi frammentari, spesso superficiali, e del tutto inadeguati rispetto alla complessità del declino urbano.
La sezione locale di Rifondazione Comunista rompe il silenzio e lancia un appello alla mobilitazione: «Riprendiamoci la città». Il partito denuncia la mancanza di un piano per il commercio, l’assenza di politiche urbane e sociali e l’inerzia sul coinvolgimento delle giovani generazioni. «Servono politiche coraggiose e popolari, non passerelle elettorali» dichiara il gruppo dirigente. «Serve una visione, non un’altra promessa», aggiunge, sottolineando la necessità di interventi che mettano al centro la comunità residente e lavoratrice.
Il messaggio politico è chiaro: «Eboli può rinascere solo se chi la vive ogni giorno torna protagonista delle scelte». È tempo, secondo gli attivisti, di organizzarsi, confrontarsi e reagire. La città non può essere governata dall’alto ma deve essere costruita insieme, attraverso la partecipazione attiva.