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Mafalda: l’ultimo Alimentari dove il tempo si è fermato

Compie cento anni lo storico negozio Di Luccio di Agropoli

A cura di Giovanni Landi
Pubblicato il 7 Giugno 2018
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Nello scorrere veloce e inesorabile della modernità, dove il mercato è vittima di mille incertezze e  i giganti sbranano i piccoli con l’apri-e-chiudi incessante dei locali commerciali, compiere cento anni è un traguardo quasi inverosimile. Ma al numero 46 di via Giuseppe Mazzini,  la celebre discesa che dal centro di Agropoli conduce al Porto turistico, l’Alimentari Di Luccio resiste ai decenni e festeggia quest’anno un secolo di vita, essendo stato inaugurato nel 1918.

Ad entrare nel vecchio negozio, due locali affollati di tutto come lo erano gli empori di paese – cibo, bevande, saponi, detersivi, oggetti vari – sembra  davvero di tuffarsi nel passato. E in effetti molto poco qui dentro è cambiato da quando i coniugi Di Luccio, appena dopo il matrimonio e nel pieno tramonto della Grande Guerra, decisero di aprire una piccola rivendita di alimentari per servire la gente di Agropoli, all’epoca meno di cinquemila anime capeggiate dal lungo ‘regno’ del sindaco Francesco Di Sergio.

Il grande bancone e le due credenze degli inizi sono ancora lì, nel vano magazzino di fianco all’ingresso, mentre l’ambiente principale è tuttora abitato dai mobili di legno che il titolare fece fabbricare su misura nei primi anni ’20. Il grande frigorifero degli anni del Boom, di quelli con le maniglie di metallo, funziona ancora.

Mafalda, vicina agli ottant’anni, gestisce il locale ereditato dai genitori fin dagli anni ’70. Adolescente si era trasferita a Saronno, Varese, per lavorare nel bar-tabacchi di uno zio, ma poco tempo dopo il padre l’aveva richiamata ad Agropoli per aiutare nell’attività di famiglia. Un compito a cui da allora non ha mai smesso di adempiere.

“I miei genitori hanno avuto tredici figli, alcuni dei quali hanno messo famiglia a Saronno” –  racconta sorridente questa signora docile e composta. “Quando nacque il tredicesimo figlio erano così felici che lo chiamarono Francesco Tredicesimo”.  Di tanti fratelli, molti dei quali scomparsi, ad aiutare Mafalda nel suo lavoro di ogni giorno è rimasto il ragioniere in pensione Gerardo, che si occupa delle incombenze pratiche e burocratiche.

Mentre parliamo, la titolare mi indica fiera le sue mensole gremite e ordinate: “qui vendiamo di tutto, anche l’acqua di ogni marca, mentre la licenza per gli alcolici, fra i nostri prodotti più richiesti, l’abbiamo ottenuta nei primi anni ’70”. E in effetti gli alcolici non mancano in questo bazar dal sapore antico. Grandi mensoliere di vino occupano un’intera parete del secondo vano, mentre nelle vetrine che affacciano sulla strada campeggiano amari e liquori di ogni tipo, compreso il nostalgico Vov e le bottiglie mignon.

“Il periodo migliore” – ammette Mafalda – “è stato fra gli anni ’70 e ’90. Dopo è iniziata la crisi per tutti, ma soprattutto per noi piccoli”. Una crisi vera, impietosa, a cui però l’Alimentari Di Luccio, unico fra tanti, non si è arreso. “Se i locali non fossero i miei non ce l’avrei fatta, ma per fortuna ho ancora la mia piccola clientela affezionata”. Quando i clienti sono pochi le giornate sono lunghe, e procedono senza nemmeno il televisore o la radio. “Il canone costa davvero troppo, e qui dentro va già via tutta la mia pensione”. Ma allora perché non smette, signora Mafalda? “Me lo dice anche mio fratello medico. Ma non voglio. Qui ho passato tutta la mia vita, e qui la finisco”.

Sono passate le 13, è ora di chiudere. Chissà se la gente di Agropoli, questo mese, non voglia tornare a passare di qui, lasciando un augurio e comprando un pacco di pasta o di caffè. Per abbandonare  le sterminate corsie degli ipermercati e preferire, anche solo per un giorno, il sorriso di Mafalda e la tenacia della sua bottega senza tempo.

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