Cilento

Sapri: 149 anni fa moriva Luigi Mercantini, il “padre” della Spigolatrice

Luigi Mercantini, il papà artistico della Spigolatrice di Sapri. Oggi ricorre l'anniversario della sua morte.

Redazione Infocilento

17 Novembre 2021

Spigolatrice di Sapri

SAPRI. Negli ultimi mesi, la questione delle nuova Spigolatrice di Sapri è balzata agli onori della cronaca, diventando centro di dibattito non solo a livello nazionale, ma anche estero. La statua realizzata dall’artista Emanuele Stifano, infatti, è stata giudicata da alcuni sessista per abiti e forme, lontana dalla figura storica descritta dal poeta Luigi Mercantini. Ma vediamo insieme, chi era il papà della Spigolatrice?

Chi era Luigi Mercantini

Ricorre oggi, l’anniversario della sua morte. Era, infatti, il 17 Novembre del 1872, quando Mercantini moriva a Palermo.

Nacque a Ripatransone, nelle Marche, il 19 Settembre 1821, e presto attivo egli stesso nelle vicende dell’Italia risorgimentale, fu autore di importanti inni patriottici, come ad esempio quello di Garibaldi. Sebbene oggi sia ritenuto un “minore” della letteratura italiana e sia poco conosciuto dagli scolari, è ancora celeberrimo proprio per l’epico e malinconico ”Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!”, versi della poesia, “La Spigolatrice di Sapri”, che prima a scuola si studiava a memoria.

La Spigolatrice

“La spigolatrice” ha lasciato un segno indelebile nella nostra identità nazionale. La sua stesura risale al 1857, anno dell’impresa di cui si narra, ovvero la liberazione del sud dall’oppressione borbonica, ad opera di Carlo Pisacane, fervente seguace delle idee mazziniane.

Sotto forma di ballata ispirata alle antiche chanson de geste e anche per certi versi all’epica greca, la storia ambientata nel basso Cilento narra di quegli uomini, alcuni dei quali venuti anche da Ponza, sbarcati per restituire la dignità alle genti locali, che però, come noto, non compresero quest’intento.

Dallo stile tardoromantico, ricco di reiterazioni e momenti di ascesa positiva, che in realtà presagivano un finale tragico, il componimento ha ricevuto da subito lusinghevoli apprezzamenti, come quello di Giovanni Pascoli, dal tono affine. Inoltre, sarebbe penetrato sempre più nella cultura nazionale anche per mezzo di Luigi Tenco, cui ispirò il testo di “Ciao amore ciao” che nel titolo originale recava invece “Li vidi tornare”, ed in cui è presente la frase “Eran trecento, eran giovani e forti”.

Diversi film hanno poi rievocato l’immagine della celebre spigolatrice che “andava un mattino a spigolare” e si invaghì di quel giovane dagli occhi azzurri e i capelli biondi, e dal cui punto di vista dipenderebbe tutto il senso della lirica.

In seguito la spigolatrice è divenuta un simbolo di attrazione turistica a Sapri, da quando, il 25 Giugno 1994, fu posta una statua che la raffigura sullo scoglio dello Scialandro. Lo scorso 25 settembre, invece, è arrivato un clone della statua, posizionato sul Lungomare.

La poesia di Luigi Mercantini

«Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti!’ ‘
Me ne andava al mattino a spigolare
quando ho visto una barca in mezzo al mare:
era una barca che andava a vapore,
e alzava una bandiera tricolore.
All’isola di Ponza si è fermata,
è stata un poco e poi si è ritornata;
s’è ritornata ed è venuta a terra;
sceser con l’armi, e a noi non fecer guerra.
Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti!
Sceser con l’armi e a noi non fecer guerra,
ma s’inchinaron per baciar la terra.
Ad uno ad uno li guardai nel viso:
tutti aveano una lagrima e un sorriso.
Li disser ladri usciti dalle tane,
ma non portaron via nemmeno un pane;
e li sentii mandare un solo grido:
“Siam venuti a morir pel nostro lido”.
Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti!
Con gli occhi azzurri e coi capelli d’oro
un giovin camminava innanzi a loro.
Mi feci ardita, e, presol per la mano,
gli chiesi: “Dove vai, bel capitano?”
Guardommi, e mi rispose: “O mia sorella,
Vado a morir per la mia patria bella”.
Io mi sentii tremare tutto il core,
né potei dirgli: “V’aiuti il Signore!”
Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti!
Quel giorno mi scordai di spigolare,
e dietro a loro mi misi ad andare:
due volte si scontrâr con li gendarmi,
e l’una e l’altra li spogliâr dell’armi:
ma quando fûr della Certosa ai muri,
s’udirono a suonar trombe e tamburi;
e tra ’l fumo e gli spari e le scintille
piombaron loro addosso più di mille.
Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti!
Eran trecento e non voller fuggire,
parean tre mila e vollero morire;
ma vollero morir col ferro in mano,
e avanti a loro correa sangue il piano:
fin che pugnar vid’io per lor pregai,
ma a un tratto venni men, né più guardai:
io non vedea più fra mezzo a loro
quegli occhi azzurri e quei capelli d’oro.
Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti!»

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