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Dal nome alla conta, i primi passi di un cilentano

Fino ai primi decenni del 900 una nascita non era di certo un evento raro, basti pensare alla numerosità delle famiglie. Non di rado, si superava la decina nella prole di famiglia. Quanti nomi da scegliere, quante bocche da sfamare ma era pure gran festa, interminabili momenti di gioia.

A cura di Giuseppe Conte
Pubblicato il 16 Maggio 2015
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Fino ai primi decenni del 900 una nascita non era di certo un evento raro, basti pensare alla numerosità delle famiglie. Non di rado, si superava la decina nella prole di famiglia. Quanti nomi da scegliere, quante bocche da sfamare ma era pure gran festa, interminabili momenti di gioia.

La “mammana” veniva contattata quando il momento del parto si avvicinava. Ogni paese ne aveva almeno una, e qualora non fosse presente in loco, ci si rivolgeva ai paesi vicini. E nasce il bambino! Il nome? Scontato!

Il primogenito di norma prendeva il nome dei nonni paterni: del nonno se era maschio, della nonna se era femmina. Ragioni “di famiglia”, dettate da motivazione ricomprese nel focolaio, potevano ovviare a questa predisposizione, tuttavia senza intaccarne la continuità. Il secondo nato assumere il nome del nonno o della nonna materna, o, invece, quello della nonna o del nonno paterno mancante, secondo “particolari” eccezioni. Si proseguiva così per i primi nascituri. Esaurite le disponibilità di “nonni”, iniziava il puntellamento dei vari zii, e si proseguiva o deviava su cugini e nipoti, “compare” e “commare”, fino a sconfinare negli amici di famiglia. E il Santo patrono? Difficilmente fra la prole nessuno assumeva il nome del santo protettore del paese. Anche perché, spesso, era ricompreso nella cerchia di parentela da cui si attingeva per i primi nati. Una Maria in memoria della Madonna non mancava quasi mai, o si associava alle vesti di altro nome.

Il bambino cresce ed inizia a giocare: è il momento della conta! E già! Nei momenti di svago che coincidevano quasi sempre con le ore del tardo pomeriggio o si addensavano nei giorni di festa o comunque negli spazi lontani dalle attività contadine, “la conta” era il primo gioco collettivo. Soprattutto le bambine si divertivano così. Nei rioni si riunivano più fanciulli, ogni vicinato poteva avere le sue “tradizioni” limitatamente alle filastrocche che si eseguivano durante il “cerchio” che, genericamente, veniva definito “conta”. Veniva eletto il “re” o la “regina” a turno, e gli altri si disponevano intorno a questa figura intonando brevi ritornelli. Poche parole che richiamavano aspetti quotidiani o affermazioni riferibili alla semplicità dell’essere “fanciullo” negli anni passati.

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