Cronaca

Truffa all’Erario, sequestrati beni per 959mila euro ad una società salernitana

Nei guai azienda di commercializzazione all'ingrosso di parti e accessori di autoveicoli

Ernesto Rocco

13 Ottobre 2023

Guardia di finanza

La Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Salerno, ha dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo, emesso dal GIP del Tribunale di Salerno, su richiesta della Procura della Repubblica, condotte di indebite compensazioni in forma diretta e per equivalente, per un valore complessivo di 959mila euro, tra denaro contante e beni immobili.

Il provvedimento cautelare

Il provvedimento cautelare scaturisce dagli esiti di una verifica fiscale, finalizzata al controllo dell’esatto adempimento delle disposizioni contemplate dalla normativa tributaria in materia di I.V.A., di imposte sui redditi e degli altri tributi, eseguita nei confronti della “Realsud S.p.a.”, società salernitana operante nel settore della commercializzazione all’ingrosso di parti e accessori di autoveicoli.

In particolare, secondo l’ipotesi accusatoria, allo stato confermata dal Giudice per le Indagini Preliminari, gli indagati, Roberto Rispoli e Clemente Rispoli rispettivamente amministratore unico e presidente del Consiglio di Amministrazione, avrebbero operato delle indebite compensazioni d’imposta, utilizzando crediti non spettanti o inesistenti, asseritamente riconducibili ad attività di ricerca e sviluppo.

L’agevolazione prevista in materia di “ricerca e sviluppo”, nello specifico, mira ad incentivare e stimolare l’innovazione e la competitività d’impresa mediante la ricerca interna (intra-muros) ovvero avvalendosi di soggetti esterni {extra-muros).

Le indagini della Guardia di Finanza

Sulla base degli accertamenti condotti dai Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico- Finanziaria Salerno, i crediti portati in detrazione difettavano dei requisiti previsti, per la loro maturazione, dal cd. “Manuale di Frascati”, ovvero la novità, la creatività, l’incertezza, la sistematicità, la trasferibilità e/o la riproducibilità, essendo riferiti a spese relative all’ordinario processo produttivo della società.

Agli stessi indagati, è stato poi contestato il reato di truffa, avendo indotto in errore l’Agenzia delle Entrate mediante false dichiarazioni che ne attestavano la qualifica di esportatore abituale, al fine di beneficiare, indebitamente, di un regime di esenzione I.V.A., per un importo superiore ai 170mila euro.

Si evidenzia che il procedimento penale verte ancora nella fase delle indagini preliminari e che la responsabilità degli indagati sarà definitivamente accertata solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna.

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