Nato l’11 luglio 1948 a Petina, Domenico Beneventano – per tutti Mimmo – visse un’infanzia itinerante tra Petina, Teggiano e la Basilicata, seguendo i trasferimenti del padre, forestale. La sua esistenza si intrecciò tragicamente con la storia della camorra, di cui fu vittima 42 anni fa.
La vita professionale
Legato profondamente al Vallo di Diano, Mimmo si laureò in Medicina e si specializzò in Chirurgia. Lavorò come chirurgo presso l’ospedale San Gennaro di Napoli, e contemporaneamente prestava servizio come medico di base a Ottaviano, comune alle pendici del Vesuvio.
L’impegno politico
A Ottaviano, Beneventano ricoprì anche il ruolo di consigliere comunale. Il suo impegno politico lo portò a scontrarsi con interessi criminali legati alla cementificazione selvaggia e al traffico illecito di rifiuti. Si oppose con determinazione alla Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo, cercando di ostacolare le infiltrazioni nei progetti urbanistici e nella gestione del Parco del Vesuvio.
L’assassinio
La mattina del 7 novembre 1980, mentre si apprestava a salire in auto per andare al lavoro, Mimmo Beneventano fu assassinato dai sicari di Cutolo. Nonostante l’evidente matrice camorristica, non ci fu mai piena giustizia: Cutolo fu prosciolto dalle accuse relative al delitto.
L’eredità morale
La sua morte scosse profondamente la comunità di Ottaviano, dando vita a una mobilitazione senza precedenti. Nacque l’associazione degli studenti contro la camorra e fu organizzata la prima marcia antimafia del territorio.
In suo ricordo è stata istituita la Fondazione Mimmo Beneventano, presieduta dalla sorella Rosalba. La sede si trova in un bene confiscato alla famiglia Prisco, oggi gestito dall’Ente Parco del Vesuvio. La Fondazione promuove progetti educativi sulla legalità, coinvolgendo attivamente le scuole della regione.


