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Furti negli scali ferroviari del Cilento: condannati

Furti negli scali ferroviari del Cilento. I fatti risalgono al 2010. Per due persone la Cassazione ha confermato le condanne

A cura di Redazione Infocilento
Pubblicato il 20 Luglio 2022
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Stazione Vallo della Lucania

VALLO DELLA LUCANIA. Erano accusati di aver promosso la costituzione di una organizzazione per la commissione di furti contro il patrimonio e in particolare di materiale ferroso presso gli scali ferroviari del Cilento per poi rivenderlo. La Corte di Cassazione ha confermato a carico di due persone, un cilentano e un salernitano, la condanna già comminata dalla Corte di Appello.

Furti negli scali ferroviari del Cilento: i fatti

I fatti risalgono al 2010. Stando alle accuse i due si erano impossessati di materiale ferroso per un peso complessivo di circa 35 tonnellate e un valore di circa 17.500 euro, dallo scalo ferroviario di Vallo della Lucania.

Gli imputati, inoltre, sempre nel 2010, riuscirono a trafugare 260 gabbioni metallici per il contenimento di argini, del peso complessivo di circa 57 quintali, prelevandoli in un’area aperta di pertinenza dello scalo ferroviario di San Mauro La Bruca, in cui si trovavano accantonati.

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Infine rubarono materiale ferroso (chiavardini, piastrini, picchetti e pezzi di rotaia), per un peso complessivo di circa 52 tonnellate, tagliando le rotaie dello scalo ferroviario di Auletta dopo aver forzato la sbarra di chiusura del varco di accesso e tagliato la catena di sicurezza.

La sentenza

La sentenza di primo grado portò ad una condanna a 6 anni di reclusione e una multa di 1500 euro ciascuno oltre all’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni. Al contempo per i due venne disposto anche il risarcimento dei danni subiti da Rfi, costituitasi parte civile.

Nel 2020 la Corte di Appello ha escluso l’associazione a delinquere e previsto per i due soggetti una pena a 4 anni di reclusione, con una multa per ciascuno di loro di 800 euro.

La corte di Cassazione, a cui si erano rivolti affermando che non vi sarebbe prova che abbiano ricavato un profitto dal reato e che uno di loro non era stato trovato in possesso di componenti metalliche sospette, ha dichiarato inammissibili i ricorsi, di fatto confermando le decisioni della Corte d’Appello.

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