Attualità

La storia commovente di Alessia Colantuono e il coraggio dei genitori

Dopo sette anni il ritorno nel suo amato Cilento

Omar Domingo Manganelli

15 Giugno 2019

Carlo e Roberta sono due genitori modello, con la loro fede, il loro amore e il loro coraggio continuano a battagliare per difendere i diritti della loro​ Alessia. Quella della famiglia Colantuono è una storia che merita di essere raccontata e che pone ancora una volta sotto la luce dei riflettori la lotta per i diritti alla vita e alla dignità umana. E questa storia da libro “Cuore” si apre da quelle tragiche 22:52 del 12 agosto 2012. Allorchè Alessia, all’epoca quattordicenne, dal sorriso meraviglioso e con tutta la gioia di vivere di un’adolescente, si accascia improvvisamente sul sedile posteriore dell’auto guidata dal papà, giungendo in codice rosso al pronto soccorso del Santobono. La giovane è in arresto cardiaco. Alessia in quella maledetta sera, era di ritorno dal posto del cuore che, ormai aveva adottato la famiglia Colantuono, ovvero Marina di Camerota.

“Ricordo e rivivo quei drammatici istanti come se fosse oggi – racconta papà Carlo – Alessia ci aveva chiesto di fermarci un attimo a parlare con un amico e suo coetaneo, quando all’improvviso l’ho vista perdere conoscenza sul sedile posteriore dell’auto. Sono sceso ed ho affiancato Alessia per prestarle le manovre di primo soccorso, così il padre del suo amico si è precipitato alla guida dell’auto e di corsa siamo andati al Santobono. Da quel giorno, non so darmi pace, cerco risposte ai miei perchè, ma non esiste una logica”. Ciò che succede nei successivi 18 lunghissimi minuti è ancora più illogico. “Tutto scorre nella mia mente – prosegue papà Carlo -​ vedere Alessia incosciente distesa su una lettiga nel pronto soccorso è stato uno shock pazzesco, ci aspettavamo un resoconto positivo dopo i tentativi di primo soccorso, l’angoscia era interminabile, eppure non abbiamo mai ricevuto una risposta adeguata”.

Alle 23:10 e dopo il trasporto in rianimazione, la cartella clinica recita così: “Paziente proveniente dal pronto soccorso in arresto cardiorespiratorio, accompagnata dall’anestesista di turno, intubata e ventilata manualmente, e dal pediatra di turno che, somministra farmaci e il massaggio cardiaco esterno”. Tradotto in soldoni dal linguaggio medico: la situazione è critica. “Si monitorizza. Pupille dilatate (midriatiche) non fotoreagenti, polsi non apprezzabili. Si continua la rianimazione. Si inserisce una cannula nella femorale destra e si chiede una consulenza cardiologica urgente. All’elettrocardiogramma c’è una fibrillazione ventricolare e si procede quindi alla defibrillazione elettrica.

Di lì a poco la ripresa del ritmo cardiaco e la normalizzazione della pressione”, è un barlume di speranza che, purtroppo, vola via con un soffio di vento. In seguito, la ragazza viene sedata e riprende la diuresi, viene eseguita una Tac e chiesta una consulenza neurologica, ma Alessia non si sveglierà più. Troppo lungo il periodo in cui il suo cuore ha smesso di battere senza ossigeno al cervello. Resterà un mese in rianimazione al Santobono, per un anno e mezzo alla Maugeri di Telese.

Infine il ritorno a casa, circondata dall’amore e dall’affetto dei genitori e dei suoi cari. In tutto questo lasso di tempo​ non si è mai persa la speranza, quella speranza che sette anni dopo ancora vive nel cuore dei familiari e amici di Alessia che, nella mattinata di sabato 15 giugno ha fatto ritorno nella sua amata Marina di Camerota. Già, quella​ di Alessia è una storia che ha lasciato il segno (dopo i vari messaggi di solidarietà fatti pervenire negli anni da Marek Hamsik ex capitano del Napoli e Vincenzo Salemme tra gli altri) anche sulla gente di Marina di Camerota, la quale ha adottato questa mite famiglia partenopea, avvolgendola in tutto il suo calore. Tanti sperano in un ‘miracolo’ e in tanti hanno riscoperto la fede attraverso la forza e il coraggio di questi due impavidi genitori, i quali durante questi lunghi sette anni hanno manifestato tutto l’amore possibile e un’inguaribile fede, provandole tutte, senza mai pensare a ‘staccare quella maledetta spina’. “Alle 12 di sabato 15 giugno, Alessia è tornata nella sua amata Marina di Camerota, presso la spiaggia Calanca. Dopo tante difficoltà abbiamo provato anche questa ennesima prova di forza, di coraggio, un tentativo disperato d’amore nel luogo del suo cuore.

Noi non ci arrendiamo, e andremo fino in fondo, fino allo stremo delle nostre forze pur di tenere accesa una fiammella di speranza – prosegue Carlo – Alessia vuole continuare a vivere ed è un suo diritto farlo.​ Infine, colgo l’occasione – conclude Carlo – per​ segnalare la creazione di una Associazione di Nome ‘INSIEME SI VIVE’ a difesa dei giovani con danni cerebrali non autosufficienti e per ringraziare i titolari del Lido La Miniera di Marina di Camerota per la presenza da oggi sulla splendida spiaggia de la Calanca, di una sedia balneare di nome ‘Job’ per trasportare i disabili in acqua”. Cosa accadrà dopo questa giornata non è dato sapersi, certo è che dopo sette anni da quella tragica serata, in qualche modo seppur inconsciamente, il sorriso, quello splendido sorriso che vuole rimanere ancora aggrappato alla vita, è tornato a manifestarsi sul volto di Alessia.

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