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Cilento: ecco i cani antiveleno | FOTO

Anche nel Parco del Cilento arrivano i cani antiveleno. Presentato il progetto.

A cura di Redazione Infocilento
Pubblicato il 8 Giugno 2016
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Anche nel Parco del Cilento arrivano i cani antiveleno. Presentato il progetto.

Anche nel Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni arriva il Nucleo Cinofili Antiveleno. Il progetto è stato presentato a Vallo della Lucania, dopo una lunga fase di addestramento che ha visto impegnati i 6 conduttori a cui è stato affidato il primo dei due cani “antiveleno”. Il secondo cane arriverà in autunno.

Il progetto è stato avviato a livello nazionale dal Corpo forestale dello Stato, unitamente al Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga e si intitola Life Italian emergency strategy for fighting illegal poisoning and minimize its impact on bear, wolf and other species (LIFE13 NAT/IT/000311), con acronimo PLUTO, che è stato approvato e cofinanziato dalla Commissione Europea nel 2014. I nuclei cinofili sono dislocati sul territorio nazionale in aree ritenute prioritarie per le criticità legate al fenomeno “uso di esche e bocconi avvelenati” ed alla correlazione con la presenza di specie faunistiche minacciate, in particolare i grandi carnivori (orso bruno e lupo) ed i rapaci (aquila reale, grifone, ecc.). Oltre al Parco del Cilento saranno interessati il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, il Parco Nazionale dei Monti Sibillini, il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, il Parco Nazionale del Pollino e il Comando Provinciale di Isernia.
Ciascun Nucleo Cinofilo Antiveleno è composto da 1 conduttore e da  2 unità di supporto che opereranno con 2 cani, addestrati alla ricerca delle esche avvelenate secondo tecniche e procedure messe a punto in Andalusia, dove il fenomeno ha rilevanza molto maggiore e dove, proprio per questo, sono state sviluppate le migliori esperienze del settore.

Presso il CTA di Vallo della Lucania, ieri e oggi, si è tenuta una due giorni di incontri,per presentare il progetto, sollecitare l’attenzione su un fenomeno largamente sconosciuto, sottodimensionato e non di rado sottovalutato. Il tutto al fine di ridurre l’incidenza dell’uso di esche e bocconi avvelenati in un territorio di grande rilevanza naturalistica ed ambientale.

 

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