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Franco Roberti: sulla morte di Angelo Vassallo un muro di omertà

Parla l'ex procuratore nazionale antimafia

A cura di Carmela Santi
Pubblicato il 29 Novembre 2018
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Un muro di omertà. Sulla morte del sindaco Angelo Vassallo troppo silenzio. Chi sapeva non ha mai parlato. Franco Roberti ex procuratore nazionale antimafia torna sulla barbara uccisione del sindaco Pescatore. A più di otto anni dal delitto non c’è ancora un colpevole. Non ha un volto ne nome l’esecutore dell’omicidio.

“Nelle indagini non abbiamo avuto alcuna collaborazione dal territorio” – ribadisce Roberti che all’epoca dei fatti era a capo della direzione distrettuale Antimafia di Salerno. “Quando abbiamo preso in mano il caso abbiamo ci siamo trovati di fronte ad un muro di omertà, non solo da parte dei cittadini ma anche dalle forze dell’ordine territoriali”.

L’intervento di Roberti è arrivato ieri mattina a Palinuro dove l’assessore regionale alla legalità ha chiuso la quinta edizione del Premio Internazionale Nassiryia per la Pace. Dinanzi ad una attenta platea di studenti e di rappresentanti politici, civili e militari Roberti ha presentato il libro “Il Contrario della Paura”. Non si è sottratto alle domande dei ragazzi e inevitabilmente si è arrivati all’omicidio Vassallo. Nella notte del 5 settembre del 2010, il corpo del sindaco fu ritrovato nella sua auto parcheggiata lungo la strada a pochi passi dalla sua abitazione. Fu ucciso con 9 colpi di pistola, 7 dei quali andarono a segno. Otto anni di indagini, lunghe e tormentate, prima affidate alla procura di Vallo e poi assunte dalla Direzione distrettuale Antimafia di Salerno.

Nell’omicidio Vassallo proprio nei primi giorni è stato perso troppo tempo

“Nelle indagini per far luce su un delitto – ha ribadito Roberti – sono fondamentali le prime ore per arrivare ad identificare il colpevole o i colpevoli. Poi è tutta una strada in salita, la verità si allontana. Nell’omicidio Vassallo proprio nei primi giorni è stato perso troppo tempo, ci sono stati degli errori territoriali, a livello di indagini si poteva fare di più. Quando abbiamo preso noi in mano il caso era troppo tardi”. L’ex Procuratore nazionale non ha nascosto la sua amarezza perché proprio nei giorni successi al delitto quando ha iniziato ad indagare non ha ricevuto alcuna collaborazione dal territorio, “nessuno ci ha voluto dare una mano”. All’attenzione di Roberti sarebbe arrivata solo una serie di lettere anonime dal contenuto di poco conto per la risoluzione del caso.

Al fianco del Procuratore Roberti durante l’incontro di Palinuro il primo cittadino Carmelo Stanziola, il giornalista Vincenzo Rubano e il procuratore Capo presso il tribunale di Vallo Antonio Ricci. In prima fila i massimi rappresentanti delle forze dell’ordine. Roberti ha assicurato che le indagini non si sono mai fermate, vanno avanti. Per diverso tempo al centro dell’inchiesta è finito Bruno Humberto Damiani, brasiliano, uno spacciatore sul quale, però, non sono emerse prove che potessero incastrarlo. Nell’inverso scorso l’annuncio dell’archiviazione, poi una nuova svolta.

La sua morte non ha nulla a che fare con la camorra

La famiglia si è affidata all’avvocato Antonio Ingroia. Si va dalla pista cittadina a quella della camorra napoletana, dai piccoli affari locali allo spaccio della droga, al quale il sindaco aveva dichiarato guerra. Roberti prima di congedarsi ha espresso quello che ha definito il suo personalissimo pensiero sul delitto di Vassallo che qualche giorno prima di morire aveva confessato di “aver scoperto qualcosa che non doveva scoprire”.”Per me – ha detto – la morte del sindaco nulla ha a che vedere con la criminale organizzata, non è un omicidio di mafia o di camorra, potrebbe essere invece legata a qualche malaffare territoriale, probabilmente un investimento locale non condiviso da Angelo. Mi auguro che il colpevole o i colpevoli vengano presto identificati”.

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