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Il mondo del teatro piange la scomparsa di Carlo Giuffré

Il ricordo di Pierluigi Iorio, più volte in scena con i fratelli Giuffrè

A cura di Barbara Maurano Pubblicato il 1 Novembre 2018
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Il mondo del Teatro e dello spettacolo piange la scomparsa di un altro grande attore. Dopo la morte di Luigi De Filippo, avvenuta lo scorso Marzo,oggi, alla soglia di novant’anni, muore Carlo Giuffré (nella foto di Gianni Baccari) , grande interprete di teatro e di cinema. Conosciuto dal pubblico per il sodalizio artistico con il fratello Aldo, scomparso nel 2010, Carlo debutta sulla scena con Eduardo De Filippo. Negli anni diventerà il maggiore interprete delle più grandi opere del regista partenopeo.

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Esperienza che lo porterà, in età matura, a rileggere e dirigere i lavori di de Filippo con un occhio analitico, rimarcandone ancor di più l’aspetto comico e grottesco. Molti gli attori che hanno lavorato con Carlo Giuffè. Tra questi si annovera anche Pierluigi Iorio, direttore artistico della stagione teatrale del “De Filippo di Agropoli, che vanta importanti collaborazioni con i Giuffrè. Per tre anni è stato coprotagonista con Carlo nella commedia “Il Medico dei pazzi” (Giuffrè nei panni di Felice e Pierluigi Iorio in quelli di Ciccillio), ruolo che aveva interpretato qualche anno prima anche con il fratello Aldo. Per due anni ha interpretato il marchesino Eugenio Favetti in “Miseria e nobiltà”, nel cast era presente anche Nello Mascia.

“Dopo la scomparsa di Luigi De Filippo nel marzo scorso, la perdita di Carlo Giuffrè lascia un ulteriore vuoto nel mondo dello spettacolo italiano, e particolarmente nel mio cuore. L’anno scorso mi chiamò: voleva mettere in scena “Le ultime lune” di Furio Bordon e voleva che in scena con lui ci fossimo io, nel ruolo di suo figlio, ed Erika Blanc nel ruolo di sua moglie” afferma Pierluigi Iorio. “Cala il sipario sulla fortunatissima era del teatro di tradizione cominciata con Scarpetta, continuata con i De Filippo e perpetrata dai Giuffré. Tutti nostri ‘padri artistici’. Il dolore è enorme, ma quando si rimane orfani, l’unica via è diventare noi stessi padri. Spetta dunque a noi che abbiamo lavorato assiduamente con loro e assimilato le preziose indicazioni fornite tutti i giorni, raccogliere il testimone e provare a portare in scena la loro grandezza. Ora più che mai, ci dobbiamo impegnare per divulgare la tradizione teatrale italiana, sensibilizzando il pubblico e raccontandogli cos’è davvero il teatro”.

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