Ha fatto molto discutere nei giorni scorsi la presenza di un’imbarcazione da pesca nei mari del Cilento. Giuseppe Tarallo, già presidente del Parco aveva lanciato l’allarme per un grave impatto sull’ambiente e sull’economia ittica del territorio. È in seguito intervenuta anche Federpesca che ha cercato di calmare le acque. Anche Claudio Aprea, direttore del FLAG Cilento Mare BLU dice la sua: «In qualità di direttore del FLAG Cilento Mare BLU ritengo doveroso intervenire in merito alla questione dei megapescherecci che fanno “razzia” di pescato lungo le coste cilentane. Non si tratta – scrive – di protezionismo o chiusura nei confronti dei vicini cetaresi. Il problema è piuttosto di natura semantica. Se l’Europa e dunque il Ministero ci chiedono di orientarci sempre più verso la pesca artigianale, valorizzandone il “concept” culturale-antropologico e imponendoci addirittura di non potenziare i motori e le attrezzature delle piccole imbarcazioni, di non considerare più la pesca come un settore primario ma piuttosto orientando gli operatori verso una logica diversificazione, qual è – chiede retoricamente – il senso di mantenere legale una pratica così invasiva? Il pescato cilentano è un elemento di biodiversità! Siamo tutti disposti a sacrificarci per questo, piccoli pescatori in primis, e a credere che proprio ciò possa essere un fattore su cui rigenerare un’economia di settore attraverso processi d’innovazione e sostenibilità! Abbiamo progettato misure dal basso in questa direzione – conclude Aprea – ci auspichiamo di essere accompagnati attraverso azioni coerenti dagli organi competenti».