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Tradizioni vibonatesi: la preparazione della soppressata

A cura di Cinzia Sapienza
Pubblicato il 25 Aprile 2016
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Un prodotto tipico cilentano è la soppressata. Ecco il metodo antico di preparazione

Se si parla di tradizione gastronomica del Basso Cilento, di sicuro non si può omettere un discorso sulla preparazione della soppressata a Vibonati. La “soppressata”, tra i prodotti tipici vibonatesi, è il frutto di un lungo processo di lavorazione della carne di maiale la cui storia si perde nella notte dei tempi. Per preparare la soppressata ed altri salumi, diversi allevavano dei maiali in degli appositi luoghi ai margini dei due torrenti del paese, i quali erano e sono chiamati “casieddi ri puorci”. I maiali, per chi aveva la possibilità di allevarli, si compravano alla fiera di Santa Lucia o di Sant’Antonio e venivano nutriti con quella che si chiamava “iotta”, un composto fatto con l’acqua di cottura della pasta e residui del lavaggio delle stoviglie, oppure si nutrivano con “farinaccio”, con ghiande, zucche o particolari tuberi chiamati “sciusci”. Una volta cresciuto, il maiale veniva ucciso nei periodi più freddi dell’anno, solitamente a gennaio-febbraio; veniva appeso a testa in giù con uno strumento chiamato “gammiere” che lo teneva per le zampe, e tagliato a metà ne venivano tolti gli intestini e gli altri organi interni, di cui si conservava rigorosamente tutto per far fronte alle necessità alimentari di ogni momento dell’anno. Il maiale così appostato, dunque, veniva fatto asciugare, la testa veniva tagliata per riporla su di un piano con un limone o un’arancia all’interno della bocca e quando nelle abitazioni non c’era l’acqua corrente, gli intestini si andavano a lavare presso i torrenti già citati; oggi li si immerge invece in acqua calda con succo di agrumi, per sgrassarli e toglierne il brutto odore. La carne che serviva specificamente alla preparazione della soppressata era quella magra e tenera, mentre quella più grassa e meno pregiata era utilizzata per farne salsicce. Inoltre, la carne di scarto come callosità, tendini, milza e quella intorno alle ossa della testa, veniva utilizzata per la “nuglia”, usata in particolare per condire la verza. Per le salsicce, alla preparazione si aggiungeva sale, finocchio, e talvolta peperoncino piccante, mentre per le soppressate, si utilizzavano il sale e il pepe in grani. Il nome “soppressata” deriva dal modo di dar forma al salume, che veniva proprio messo “sotto pressa” per dargli una particolare forma schiacciata. Altri prodotti rinomati tra le tipicità, che si ricavavano dalla carne di maiale, sono poi il capicollo, la pancetta, le cotiche e la sugna, che a sua volta veniva utilizzata per preparare del buon sapone fatto in casa. Il periodo della preparazione dei salami era un tempo, ma ancora oggi, un momento di festa a cui la famiglia partecipava con grande dedizione.

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