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#6 Telejato

A cura di Arturo Calabrese
Pubblicato il 23 Novembre 2015
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Il signore baffuto in foto è Pino Maniaci, giornalista siciliano e editore di Telejato, una televisione locale che trasmette in Sicilia. La storia di questa piccola emittente parte dal 1989, anno della sua nascita. Prende il nome dalla zona in cui opera, la Valle dello Jato in provincia di Palermo. Punto di riferimento per numerosi organi di stampa nazionali, Telejato ha vissuto periodi di altalenanti fortune ma riuscendo sempre a vincere i momenti difficili

Una storia lunga, non semplice, fatta di tantissime battaglie e inchieste, tutte con lo stesso obiettivo: la denuncia. Detto così sembrerebbe una normalissima televisione locale che parla dei problemi del territorio, ma i servizi che offre Telejato colpiscono la più grande piaga del nostro Paese: la mafia.

Pino Maniaci e i suoi collaboratori, da 26 anni, combattono ogni giorno contro il malcostume, la corruzione e la criminalità che in quelle zone la fa da padrone. Non poche sono state che le intimidazioni che questi coraggiosi giornalisti hanno subito negli anni: percosse, auto incendiate, attrezzature distrutte. Ultima, tremenda intimidazione quella dell’impiccagione dei cani di Pino. Quelle donne e quegli uomini non si sono spaventati e sono andati avanti, sempre a testa alta e sempre con la voglia di continuare la loro missione. Nulla è riuscito a fermarli. Nulla fin ad ora.

È degli ultimi giorni la notizia che i segnali di trasmissione di Telejato disturberebbero i segnali televisivi dell’isola di Malta. Per questo assurdo motivo Telejato dovrà chiudere. Cesseranno dunque le denunce e la mafia avrà un problema in meno, una voce fuori dal coro in meno e tutti felici e contenti. Il nostro stato (sì, minuscolo) in tutto questo che fa? Nulla! Nemmeno una parola è stata spesa da chi ci governa, mentre tante sono state le testimonianze di stima da parte di semplici cittadini, attori, musicisti, giornalisti e anche politici di quelle forze che al governo non ci sono, ma che sono all’opposizione. Da sottolineare che, manco a dirlo, tra queste voci di sostegno mancano quelle che vengono dagli schieramenti di destra, ma se ne fa benissimo a meno.

Chi scrive, da giornalista, da uomo libero, da Italiano, ritiene che tutta questa vicenda sia un qualcosa di ignobile e che in un Paese civile non dovrebbe nemmeno essere immaginata. La mano lunga della mafia è arrivata anche al ministero delle telecomunicazioni, con un ordine preciso: «chiudere Telejato» e… magia! «Disturba le frequenze maltesi».

Sono sicuro che Pino non si fermerà neanche adesso e che, in un modo o nell’altro, continuerà nella sua opera. E sono altrettanto sicuro che potrà contare sulla parte buona, bella e migliore dell’Italia. Infine mi rivolgo ai mafiosi. Care (si fa per dire) teste di cazzo, non ci fermerete, non ci metterete il bavaglio. Verrà il giorno in cui voi e i vostri viscidi sostenitori sarete solo un vergognoso ricordo. Come il ventennio. Ah, un’altra cosa: non ci fate paura! Del resto, la merda paura non fa.

Pino, resisti. Fallo per Giovanni, per Peppino, per Paolo, per noi. Fallo per la parte migliore dell’Italia

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