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“Castagnelle” o “pasticelle”? Nel Cilento sono “’mbuttitelle” o “lucerne”: vi presentiamo le “pastorelle”

“Castagnelle” o “pasticelle”? Nel Cilento sono “’mbuttitelle” o “lucerne”: vi presentiamo le “pastorelle”, un dolce tipico della tradizione locale.

A cura di Giuseppe Conte
Pubblicato il 13 Dicembre 2015
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“Castagnelle” o “pasticelle”? Nel Cilento sono “’mbuttitelle” o “lucerne”: vi presentiamo le “pastorelle”, un dolce tipico della tradizione locale.

La scorsa settimana ci siamo occupati di “scauratieddi” ed oggi continuiamo ad imbandire la tavola con un altro dolce tipico delle festività natalizie. E’ la volta delle “’mbuttitelle”! A base di castagne assume nomi diversi da paese a paese: si parla di “castagnelle”, “pasticelle” e di “lucerne”; a Cuccaro Vetere, in particolare, diventano “pastorelle”. Volendo rifarsi a tradizioni lontane rievocate anche nell’onomastica, allora dobbiamo adoperare una terminologia più arcaica, riconoscendole come “mbuttitelle” o “lucerne”. La prima rivela l’essenza gastronomica: ripiene di castagne mentre la seconda contempla la classica forma che richiama la “luce” della “stella” che illuminò la via verso la grotta.

Il Natale, si sa, tra le feste cicliche riveste un ruolo significativo sotto la sfera religiosa. L’assetto religioso si completa con la tradizione gastronomica che mette in risalto le peculiarità della terra. Nelle modeste famiglie di contadini, anche quelle meno agiate, il Natale era un comandamento importante. Il duro lavoro dei campi, scandito da ritmi talvolta massacranti e poco remunerativi, in questo momento si fermava e si contemplava con solennità la nascita del Cristo. Al bagliore del focolare le massaie “impastavano” con sapienza e maestria.

Farina, uova e “strutto” venivano lavorati a mano fino ad ottenere la “sfoglia” che avvolgerà “lu ‘mbuttone”: la farcia di castagne. Quest’ultime vanno spellate e portate a bollore; solo così si otterrà una corposa crema. Ad essa si aggiunge cioccolato e zucchero. Secondo le tradizioni di famiglia e le disponibilità di dispensa si aromatizza con scorze di arancia o mandarino, cannella o pinoli. Si lavora il composto e si ottiene, dunque, “lu ‘mbuttone”. Le varianti sono diverse ma ci manteniamo sul classico e, ovviamente, le castagne sono la base comune a tutte le accezioni.

La legna arde e le “donne cilentane” continuano ad esibire la loro maestria tra gli sguardi “stanchi” degli “uomini di casa” e tra quelli “incuriositi” dei bambini.

Lo “scannaturo” fa la sua comparsa e si stende la pasta. Su di essa a cucchiaiate si predispone “lu ‘mbuttone” e si ricopre con un altro velo di sfoglia. Si ritaglia tondeggiando e ondulando le estremità, fino ad assumere delle vaghe forme di stelle.

La “sartania” è sul fuoco: l’olio d’oliva nostrano scoppietta. Con dedizione si calano una ad una le “pastorelle” e si portano a doratura. Eccole! Termina così la prima fase ma qualcuno ha già assaggiato qualche “’mbuttitella”. In un piccolo “tiano” si scioglie il miele: servirà per dare dolcezza alla sfoglia. Ed ecco che ha inizio la “mielatura”: si spennellano le “’mbuttitelle” e, a questo punto, c’è chi completa l’opera di gusto con i “riavulieddi” oppure con frutta secca tritata. E se non vogliamo questa “piacevole scocciatura” allora va bene una spolverata di zucchero a velo, magari aromatizzato con cannella.

Tante piccole stelle sfavillano nella cesta al lume del camino che ormai è quasi spento. È ora lo sguardo della donna a soddisfare: stanco ma deciso. Un timido sorriso solca il loro viso: hanno dato vita alle “lucerne”, hanno tramandato una dolce e lunga tradizione…

E anche questa Domenica sta passando: alla prossima, per preparare il pranzo (di Natale, s’intende!).

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TAG:CilentoCilento Notizie
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