La psicoterapia è un percorso introspettivo in cui, uno psicoterapeuta, ci aiuta a superare un blocco interno e spesso inconscio che non ci permette di vivere serenamente. Questo blocco può riguardare la sfera emotiva o una condizione esistenziale. Questa disciplina però, non lavora solo sul disagio ma permette all’individuo di crescere e confrontarsi con il suo io più profondo.
Prima di vedere nel dettaglio com’è nata e si è evoluta nel tempo, cerchiamo di capire qual è il ruolo dello psicoterapeuta, cosa fa e come riesce ad aiutare il soggetto, o i soggetti, a superare questo blocco.
Cosa fa uno psicoterapeuta?
Lo psicoterapeuta è solitamente uno psicologo, ma può essere anche un medico, che ha conseguito uno specifico esame di stato per entrare nell’albo degli psicologi e, successivamente, si è specializzato presso una scuola di psicoterapia, con percorso che va dai 4 ai 5 anni.
Ogni psicoterapeuta agisce in base al proprio modello teorico di riferimento. I 4 principali sono: cognitivo-comportamentale, focalizzato sulla comprensione e mobilitazione di pensieri e comportamenti, familiare incentrato sulla esplorazione del rapporto con le figure affettive di riferimento, psicoanalitico basato sull’analisi dei contenuti inconsci. Ognuno di esso ha comunque lo scopo di capire e superare quei disagi della sfera psichica che non permettono al soggetto di condurre una vita soddisfacente e sentirsi appagato. L’intervento dello psicoterapeuta avviene mediante un colloquio.
Lo specialista si avvale di conoscenze teoriche, strettamente legate alla psicologia, e di competenze pratiche che comprendono l’analisi dei sogni, l’ipnosi, l’intervento paradossale…
Il target dello psicoterapeuta è: persone singole (di qualsiasi età), coppie, famiglie, o anche piccoli gruppi. Il suo lavoro è diviso in due fasi: diagnosi e terapia. La prima viene fatta attraverso un colloquio conoscitivo e dei test psico-attitudinali e della personalità, che servono a identificare i disturbi specifici su cui poi andare a lavorare durante la terapia. Quelli più diffusi sono: problemi alimentari, tossicodipendenza, fobie, depressione, DOC, Bipolarismo e disturbi d’ansia.
Una volta identificato il problema, lo psicoterapeuta stila un piano terapeutico in cui sono riportate il numero di sedute da effettuarsi e l’approccio (o più di uno) da utilizzare. Ognuno dei metodi utilizzati va a lavorare su un diverso aspetto dell’esperienza umana. La parte più importante di questo lavoro è il riuscire a instaurare una relazione di fiducia con il paziente, saper ascoltare e instaurare un dialogo libero, attraverso il quale riuscire a cogliere tutti gli aspetti del problema. Lo psicoterapeuta si occupa anche di prevenzione, riabilitazione e di attività di sostegno allo psicologo. Anche lui, come tutti gli altri medici, è tenuto ad osservare il segreto professionale.
Dalla psicoanalisi…
La psicoterapia nasce nell’antichità, ovviamente non prendeva ancora questo nome, ma si cominciava già a capire che esistevano dei disturbi chiamati “degli affetti”. Nel Medioevo le spiegazioni di questi “mali” venivano affidate alla sfera religiose e viste come segnali divini negativi.
Si inizia a parlare di vera evoluzione a partire dall’età moderna, quando Freud scoprì la Psicoanalisi, madre della psicoterapia contemporanea.
Iniziano a nascere in questo periodo le prime teorie sulla mente, si scopre l’inconscio e all’inizio dell’800 vengono scritte le prime forme della cosiddetta “Terapia morale”, ispirata al lavoro svolto da Pinel nel ‘700. Questa teoria prevedeva il rifiuto del ricorso alla violenza per i pazienti che presentavano problemi psichici. Iniziò così a diffondersi l’idea che le malattie mentali potessero essere trattate e curate. In Europa iniziano quindi, ad aprire le prime case di cura private, che erano forme embrionali di psicoterapia.
Ma è con Freud che tutto inizia a prendere forma. Tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900, lo psicoanalista articola, in modo sempre più completo, la teoria dell’inconscio nei processi psichici individuali, all’interno di una più ampia teoria della mente. Nel corso del ‘900 si sviluppano poi altri paradigmi psicoterapeutici. Ad ogni “Teoria del funzionamento psichico normale” corrispondeva una “Teoria del funzionamento psichico patologico” e una conseguente terapia.
Alla psicoterapia cognitivo-comportamentale
Solo negli ultimi 30-40 anni si è diffuso anche in Italia, l’approccio cognitivo-comportamentale, attualmente quello più usato dagli psicoterapeuti. Questa terapia è estremamente efficace ed è stata riconosciuta come il migliore dei trattamenti, tra quelli diffusi. Oltre ad avere un grandissimo supporto empirico, è una terapia diretta dove i problemi del paziente vengono affrontati andando subito al punto, ricercando le cause scatenanti e facendo in modo che il paziente vada a intervenire sulle motivazioni in modo pragmatico.
Al soggetto vengono forniti strumenti pratici per poter attuare un cambiamento e imparare a gestire i propri stati emotivi, positivi o negativi che siano. Lo psicoterapeuta aiuta la persona a cambiare certi pensieri e atteggiamenti, sostituendoli con altri positivi e produttivi. Questa terapia è oggi ampiamente utilizzata in tutto il mondo proprio per la sua efficacia. Questo approccio è diretto.
È importante però riconoscere un valido psicoterapeuta, meglio ancora se ha frequentato una scuola specializzata proprio in terapia cognitivo-comportamentale.