Cilento

Agropoli: moriva oggi Liborio Bonifacio, il “veterinario della speranza”

Dopo diversi esperimenti su cavie e altri animali, Bonifacio estrasse la sostanza dalle feci all’interno dell’intestino dell’animale macellato, creando quello che venne definito il siero Bonifacio

Fiorenza Di Palma

17 Marzo 2024

Liborio Bonifacio

Oggi si celebra l’anniversario della morte di Liborio Bonifacio, il famoso veterinario noto per il suo siero anticancro. Nato a Montallegro nell’agrigentino il 28 novembre 1908, dopo aver conseguito la laurea in veterinaria all’Università di Perugia nel 1931, si trasferì ad Agropoli dove visse fino alla morte. Nel 1956, Bonifacio ebbe l’intuizione che le capre sono esenti dal cancro e che il loro sistema immunitario potrebbe essere trasmesso all’uomo attraverso un siero. Il suo obiettivo era capire da dove estrarre quella sostanza in grado di trasferire l’immunità della capra all’uomo.

Il siero anticancro

Dopo diversi esperimenti su cavie e altri animali, Bonifacio estrasse la sostanza dalle feci all’interno dell’intestino dell’animale macellato, creando quello che venne definito il siero Bonifacio. La notizia degli esperimenti di Bonifacio cominciò a diffondersi ad Agropoli, attirando l’attenzione di qualche medico del luogo, che invitò Bonifacio a presentare il suo prodotto ad alcuni specialisti di Salerno. Nel 1954, il direttore della Scuola di Ostetricia di Salerno, dopo aver effettuato esperimenti positivi su cavie e pazienti, chiese a Bonifacio la formula del siero, minacciando di comunicare dati negativi al Ministero della Sanità. Bonifacio rifiutò di dare la formula e da quel momento la notizia degli esperimenti cominciò a diffondersi sempre di più in tutta Italia. La gente faceva lunghe file ad Agropoli per avere il siero e i medici attestavano miglioramenti sui pazienti ormai considerati perduti.

Una scoperta che fece il giro del mondo

Nel 1969, l’interesse del giornale Epoca portò alla creazione di un nuovo laboratorio per la produzione del siero. L’allora Ministro della Sanità, Camillo Ripamonti, decise di aprire il “caso Bonifacio”, affidando l’esame preliminare dei fondamenti scientifici del metodo di cura al Prof. Valdoni, per poi sperimentare il preparato negli Istituti Nazionali per il Cancro di Milano, Napoli e Roma, nonché presso l’Istituto di Oncologia dell’Ospedale Maggiore S. Giovanni Battista di Torino.

Il 11 agosto 1969, Bonifacio incontrò il prof. Valdoni e a settembre consegnò il prodotto all’Istituto Superiore di Sanità per le prove batteriologiche e di tossicità. Tuttavia, i direttori dei quattro istituti si opposero all’utilizzo del siero Bonifacio a causa della mancanza di dati scientifici e della sua efficacia non comprovata. Nonostante ciò, la vicenda di Bonifacio ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica e ha sollevato un dibattito sull’importanza della ricerca scientifica e dell’uso di metodi alternativi per la cura del cancro.

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