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Agropoli: i rom restano in carcere. Confermata l’aggravante del metodo mafioso

Ieri il caso discusso anche in consiglio comunale

A cura di Redazione Infocilento
Pubblicato il 29 Dicembre 2018
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Carcere

Gli zingari di Agropoli sono un clan e lo conferma il tribunale del Riesame di Salerno, chiamato ad esaminare i ricorsi dei rom coinvolti nell’operazione “Faro”. A presentare ricorso contro i provvedimenti di custodia cautelare erano stati gli esponenti del gruppo Marotta – Cesarulo, accusati a vario titolo di furti in gioiellerie di tutta Italia, furti nelle auto, nonché estorsione con l’aggravante del metodo mafioso. Proprio quest’ultimo reato è stato contestato dalla difesa degli zingari. Gli avvocati hanno sottolineato l’inesistenza del metodo mafioso, chiedendo che il reato principale fosse derubricato in associazione per delinquere. Una ipotesi non accolta dal giudice. I soggetti finiti in carcere con l’accusa di estensione (i tre Vito Marotta, Fiore Marotta e Antonio Dolce)  quindi, non andranno ai domiciliari.

I coinvolti

L’operazione “Faro” aveva portato in carcere 11 persone: Anna Cesarulo, Carmine Dolce alias “Maruzziello”, Antonio Dolce alias “Capone”, Donato Marotta alias “Papesce”, Fiore Marotta, Silvana Marotta, Vito Marotta alias “Dumbone”, Vito Marotta, Vito Marotta alias “Corleone”, Anna Petrilli, Enzo Cerasulo alias “Cavallaro”. Ai domiciliari Inna Akimova, Antonio Del Giudice, Gerardo Marotta, Isabella Marotta, Silvana Marotta alias “Silvanella”, Carmine Cerasulo alias “Cavallaro”, Isabella Petrillo. Obbligo di dimora, infine, per Bruno Marotta, Rinaldo Marotta, Michele Petrillo, Mario De Martino, Iryna Kachmar, Emanuel Marotta, Filomena Marotta.

Interrogazione in consiglio comunale

Ieri il caso era stato oggetto anche di una interrogazione in consiglio comunale presentata dal Movimento 5 Stelle. Il consigliere Consolato Caccamo chiedeva lumi sui rapporti tra Comune e clan Marotta. Il sindaco Adamo Coppola ha chiarito di aver presentato degli esposti che hanno permesso di avviare le indagini, ricordando come in molti, ma non Caccamo, gli abbiano manifestato solidarietà. “Sono dieci anni che vedo frequentare il municipio da queste persone – la replica piccata di Caccamo – bisogna alzare la soglia di attenzione perché se per tutto questo tempo le cose sono andate tranquillamente, ora è necessario capire qual è l’inghippo che ha portato a certe accuse così gravi”, ha concluso il consigliere comunale.

Leggi anche:

I dettagli sull’operazione dei carabinieri

Le intercettazioni

L’intervista al sindaco Adamo Coppola

Tutti i coinvolti

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