Attualità

Campania: 366 milioni di interventi anti-dissesto bloccati dalla burocrazia

Il presidente di FederCepi Costruzioni, Antonio Lombardi: “Subito una task force per accelerare la spesa delle risorse disponibili, e aprire i cantieri”

Ernesto Rocco

9 Dicembre 2019

Antonio Lombardi

In Campania quasi 366 milioni di euro (per la precisione € 365.892.241) per la messa in sicurezza del territorio e la prevenzione del dissesto idrogeologico, sono bloccati dalla burocrazia e da un palleggiamento delle responsabilità tra gli enti preposti. Si tratta di risorse destinate al completamento della progettazione esecutiva degli interventi per 2,4 miliardi di euro (1,6 nel Mezzogiorno), fermi per beghe procedurali di varia natura (compreso un intervento di implementazione e potenziamento di una banca dati online, che ha finito, invece, per frenare ulteriormente le procedure).

Alla Campania è stato già erogata una anticipazione sulla progettazione esecutiva dei lavori (per circa 3,2 milioni di euro, in acconto alla somma complessiva di € 12.577.360,00 euro), che dovrebbe  garantire l’attivazione di interventi per € 365.892.241 euro in base al criterio di riparto ex DPCM del 14 luglio 2016.

L’articolo 55 della legge n. 221/2015 (cosiddetto “Collegato ambientale”) ha disposto l’istituzione, presso il ministero dell’Ambiente e la tutela del territorio e del mare, di un apposito fondo per la progettazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, al fine di favorire l’efficace avanzamento delle attività progettuali delle opere di mitigazione del rischio idrogeologico e provvedere a rendere le stesse immediatamente cantierabili, consentire la rapida attuazione del Piano nazionale contro il dissesto idrogeologico, rimettendo ad un apposito decreto della presidenza del consiglio l’esplicitazione delle modalità di funzionamento del fondo medesimo (il che è avvenuto appunto con il DPCM del 14 luglio 2016).

Le risorse del Fondo, assegnate dalla delibera CIPE n. 32/2015, sono confluite in un unico capitolo di bilancio, denominato appunto “Fondo per la progettazione degli interventi contro il dissesto idrogeologico” destinato alle Regioni attraverso i presidenti, in qualità di commissari di governo per le opere di contrasto al dissesto, che, grazie al decreto Sbocca Italia del 2015 sono subentrati ai commissari straordinari.

Il DPCM ha previsto che i presidenti di Regione possano utilizzare le risorse finanziarie per la redazione dei progetti esecutivi da mettere a base di gara.

Con decreto direttoriale n. 417 del 09.08.2018, è stato approvato il finanziamento di 54 interventi contro il dissesto, in grado di attivare opere per circa 366 milioni di euro; il ministero per l’Ambiente e la tutela del territorio e del mare, come detto, ha già disposto il trasferimento di una prima tranche alla Regione, al fine di completare la progettazione esecutiva degli interventi: ma tutto è fermo, e finanche il saldo della progettazione  (quasi 9,3 milioni) giace ancora nei cassetti del ministero.

I dati emergono da uno studio della Corte dei Conti (“Fondo per la progettazione degli interventi contro il dissesto idrogeologico (2016-2018)”), pubblicato con Deliberazione 31 ottobre 2019 n° 17/2019/G (relatore Cons. Rossana Rummo).

GLI INTERVENTI FERMI IN CAMPANIA

Tra gli interventi finanziati e fermi per il mancato completamento della progettazione esecutiva, si evidenziano la progettazione dell’intervento di mitigazione del rischio idrogeologico della foce del Volturno e del Litorale Domizio per 434 mila euro (in grado di attivare opere da 35 milioni di euro complessivi); la progettazione del risanamento idrogeologico del Comune di Volturara Irpina (AV) per 256 mila euro (opera da oltre 29 milioni di euro); il progetto integrato di sistemazione idrogeologica del bacino delle Parco regionale Taburno Camposauro nord-occidentale di 649.000 euro (28 milioni di lavori), gli interventi per la sistemazione definitiva a monte delle aree a rischio e per il ripristino delle aree di Sarno pari a 558.007 euro (9 milioni di euro di lavori); la stabilizzazione dei versanti afferenti il bacino montano del Fosso Cavone in territorio Rotondi (Avellino) di 685.000 euro (12 milioni di lavori); il risanamento e sistemazione idrogeologica ed ambientale dei comuni Torrioni e Tufo in provincia di Avellino per 479.000 euro di progettazione (6 milioni di lavori); il progetto per la messa in sicurezza idrogeologica del territorio di Amalfi, patrimonio Unesco, di quasi 600.000 euro (14,9 milioni per lavori), il ripristino funzionale di torrenti e valloni per la salvaguardia di centri abitati a Cervinara per 685.650 euro di progettazione (17 milioni di euro di lavori).

La Corte dei Conti ha già sollecitato il Commissario straordinario: gli uffici regionali hanno rappresentato, in risposta, problemi con «l’avvio delle procedure di implementazione dati sul sistema di monitoraggio “Unico” della Regione Campania», e difficoltà nella certificazione dell’avanzamento della spesa pari al 75 per cento, «in quanto non sono ancora pervenute le documentazioni relative alle spese sostenute».

«Ancora una volta – è il commento del presidente di FederCepi Costruzioni, Antonio Lombardiinvestimenti già materialmente disponibili vengono bloccati dalle lungaggini procedurali e dalle inefficienze della burocrazia: una situazione tanto più incresciosa se si considera che si tratta di investimenti per la messa in sicurezza del territorio: soltanto in Campania parliamo di 17 interventi per la prevenzione di alluvioni, 36 contro il rischio di frane e uno per la sicurezza delle coste. L’anticipazione sulla progettazione esecutiva è stata materialmente erogata oltre un anno e mezzo fa: ma non ci risulta sia ancora materialmente partita».

La Corte dei Conti, nella sua analisi, stigmatizza le molteplici difficoltà che frenano gli interventi, tra i quali un quadro continuamente mutevole di risorse finanziarie disponibili; una programmazione non inscritta in un disegno strategico di opere strutturali, ma frammentata in una molteplicità di interventi che in parte sono conseguenziali a situazioni emergenziali; un non efficiente sistema di controllo e monitoraggio; la frammentazione del sistema di rilevamento dei dati, distribuito tra più banche dati in parte tra loro contrapposte, sovrapposte e non dialoganti.

LE “SEMPLIFICAZIONI” CHE COMPLICANO E RITARDANO

Incresciosa la circostanza che, a causare buona parte dei ritardi, siano stati anche quei provvedimenti adottati, negli anni, per velocizzare la capacità di spesa e l’apertura dei cantieri: a partire dalla creazione di una sovrastruttura presso la Presidenza del Consiglio, denominata “Italia Sicura”, che avrebbe dovuto coordinare Piani straordinari di intervento anche e soprattutto sul fronte del dissesto idrogeologico. Il programma era finanziato anche dal Fondo Sviluppo e Coesione FSC 2014-2020, che, in base alla Legge di stabilità 2014, doveva essere destinato per l’80% al Sud. Invece, proprio le suddette carenze nella progettazione esecutiva, sono stati finanziati 32 interventi, tutti nel centro-nord. In palese violazione della legge («ha ben ragione l’Unione Europea ad invocare oggi un più accorto utilizzo dei fondi europei, ed una maggiore attenzione per il Mezzogiorno», commenta il presidente Lombardi).

«Il carico di lavoro per le strutture commissariali – aggiunge ancora il presidente di FederCepi Costruzioni è con tutta evidenza insostenibile: non è proponibile gestire interventi di enorme complessità tecnica, ma anche economico-finanziaria, attraverso gli uffici regionali, senza strutture di supporto; ma anche l’approvazione dei progetti avviene ancora con procedure troppo complesse. La stessa banca dati telematica ReNDiS, avviata nel 2014, ha finito per congestionare ulteriormente gli iter burocratici, soprattutto allorquando è stata integrata da altre piattaforme, la BDU e la SGP, con cui evidentemente non ha dialogato alla perfezione per un interscambio delle informazioni e delle catalogazioni effettuate, costringendo gli enti ad incomprensibili duplicazioni delle informazioni e delle procedure di registrazione e inserimento dei dati. È insomma la riprova evidente che il problema più grave di questo paese non è di carattere economico-finanziario, ma attiene l’efficienza della macchina amministrativa e la capacità di spesa. La sola disponibilità di risorse in bilancio, troppo spesso non è sufficiente a garantire la realizzazione di interventi efficaci e l’apertura di cantieri».

Al 30 giugno scorso (il dato è sempre della Corte dei Conti) solo 9 regioni e province autonome risultano censite sul nuovo sistema SGP; altre 12, tra cui la Campania, sono ancora in attesa di concludere la procedura di associazione sul sistema SGP e di effettuare la migrazione dei dati dal proprio sistema mittente al sistema SGP.

LA PROPOSTA DI FEDERCEPI COSTRUZIONI

FederCepi Costruzioni propone interventi concreti per una ridefinizione e riorganizzazione di tutto il sistema di governance a partire proprio dall’ufficio dei commissari straordinari, per assicurare effettive condizioni di agibilità tecniche e procedurali, e un rafforzamento delle responsabilità di attuazione degli interventi.

Il Fondo ministeriale per la progettazione di interventi contro il dissesto idrogeologico, rappresenta una quota minima (75,1 milioni) rispetto all’entità complessiva delle risorse necessarie a realizzare le opere, pari a 2,4 miliardi di euro stimati al 23 dicembre 2018 (1,66 nel Mezzogiorno).

«Occorrono investimenti coraggiosi – aggiunge ancora il presidente Lombardiper potenziare ed accelerare le progettazioni e renderle esecutive e cantierabili, ma anche per costruire una banca progetti sulla sicurezza del territorio. Se questo non avviene in tempi solleciti, realtà come la Campania saranno sistematicamente tagliate fuori dalle opportunità di finanziamento pure esistenti per la messa in sicurezza del territorio. Anche di recente, il ministro dell’Ambiente ha sbloccato ulteriori risorse, circa 315 milioni di euro, per 263 interventi contro il dissesto idrogeologico, ma destinati esclusivamente alle Regioni con progetti esecutivi e quindi immediamente cantierabili».

IL RISCHIO FRANE E ALLUVIONI IN ITALIA E IN CAMPANIA

In Italia sono più di 1.600 i Comuni a rischio frane e alluvioni, il 20% del totale (170 in Campania, il 24,5% del totale. I Comuni con pericolo frane classificato dall’ISPRA “molto elevato” ed “elevato” in Campania sono addirittura 135).

La Campania è la seconda regione in Italia per superficie a rischio frana, dopo la Valle d’Aosta, con oltre 8mila km2 di territorio esposto (2,7 a pericolo elevato o molto elevato) e la nona per rischi di carattere alluvionale. Il 60,2% del territorio regionale è a rischio frana, un dato enormemente superiore al dato medio nazionale (19,9%).

Quasi un comune su quattro, in Campania (il 24,5%) è esposto a rischio frana, a fronte di una media nazionale del 20,1%.

Non meno allarmante è il rischio idraulico, che in Campania riguarda 35 Comuni, il 6,4% del totale. Un dato apparentemente più tranquillizzante se rapportato al dato medio nazionale (21,8%): non può tuttavia sfuggire, ad un’analisi più attenta, che vi sono aree, nell’hinterland napoletano, in cui il pericolo investe una percentuale di comuni (22,8%) superiore al dato nazionale.

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