Protesta presso la sede della Regione Campania a Napoli, dove i medici di base si sono radunati per esprimere il loro dissenso contro una nuova normativa che, secondo loro, rivoluzionerebbe in modo negativo il loro lavoro quotidiano.
L’iniziativa mira a trovare il personale medico necessario per le 172 Case di Comunità previste dai fondi del PNRR. Tuttavia, il governatore Vincenzo De Luca ha già segnalato più volte la mancanza di un piano per l’assunzione di nuovo personale.
Le preoccupazioni sul carico di lavoro e la burocrazia
I medici di famiglia, che già oggi affrontano turni di circa 10 ore tra studio e visite domiciliari, vedono in questa nuova disposizione un ulteriore aggravio. Fabio Balzano, medico di base a Torre Annunziata, ha espresso le sue preoccupazioni: “Vogliono che lasciamo lo studio dopo due ore e mezza per andare nelle Case di Comunità. E io ai pazienti miei in attesa cosa direi? Venite con me alla Casa di Comunità? Mi picchierebbero o chiamerebbero i carabinieri”. Il medico sottolinea come la burocrazia e le visite domiciliari agli anziani già assorbano gran parte del loro tempo.
“Un sovraccarico di lavoro e nessuna garanzia”
Secondo Gianni Verde, medico di base dell’Asl Napoli 2 Nord, l’Accordo integrativo regionale trasformerebbe i medici in “burattini che si possono muovere e spostare tra studio e Case di Comunità senza nessuna garanzia”. La protesta, portata avanti da un movimento apolitico di medici di base, ha ritardato la firma dell’accordo ufficiale, che era stata anticipata a seguito della manifestazione. Verde ha concluso affermando che “la base dei medici non lo vuole, perché elude la vita concreta della nostra medicina sui cittadini e sul futuro sviluppo del nostro lavoro di base”.
Il rischio di perdere i pazienti e la continuità assistenziale
La nuova normativa solleva anche il timore di perdere il rapporto di fiducia con i pazienti, un pilastro fondamentale della medicina di base. Raffaele Renis, medico a Torre Annunziata da 13 anni, spiega che la norma potrebbe comportare lo spostamento dei medici in un altro Comune, causando la perdita dei pazienti seguiti per anni e “ledendo i diritti dei lavoratori e degli ammalati”. Renis sostiene che la Regione stia cercando di imporre più ore di lavoro ai medici attuali per sopperire alla mancanza di personale, un problema nato dopo aver investito ingenti fondi del PNRR nella costruzione delle strutture senza un’adeguata pianificazione del personale.
L’ombra della privatizzazione
Fabio Balzano ha espresso il sospetto che dietro questa iniziativa si celi una strategia per favorire l’avanzata del settore privato. Secondo il medico, il provvedimento potrebbe rendere la medicina pubblica meno attraente, spianando la strada a cooperative private che assumerebbero medici per le nuove strutture. “Metterano a lavorare medici dalle coop nelle Case di Comunità, pagandoli per partita iva, come sta avvenendo già da anni negli ospedali”, ha concluso Balzano, dipingendo un quadro preoccupante per il futuro della sanità pubblica in Campania.