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Antenna di telefonia a Capaccio Paestum: Consiglio di Stato annulla il parere negativo della Soprintendenza

Il Consiglio di Stato accoglie l'appello di Iliad. Decisiva la non corretta valutazione del vincolo e delle misure di mitigazione.

A cura di Alessandra Pazzanese
Pubblicato il 7 Novembre 2025
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Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), ha accolto l’appello presentato da Iliad Italia S.p.a. contro la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Salerno e Avellino e il Ministero della Cultura, annullando di fatto il provvedimento di diniego relativo all’installazione di una stazione radio base nel Comune di Capaccio Paestum, in località Linora.

La sentenza riforma la precedente decisione del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno (n. 1738/2024), che aveva respinto il ricorso della società telefonica.

L’oggetto del contenzioso verteva sull’istanza presentata da Iliad il 24 novembre 2022 per l’installazione di un’antenna in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico. Nonostante le proposte di mitigazione avanzate dalla società, tra cui la “rilevante diminuzione dell’altezza dell’antenna” e il “camuffamento dell’impianto con un finto pino marittimo”, la Soprintendenza aveva reiterato il parere negativo, ritenendo insufficienti le variazioni per garantire la compatibilità paesaggistica, soprattutto per l’interferenza visiva con l’ex centrale idroelettrica Maida, rispetto alla quale era in corso un procedimento per la dichiarazione di interesse culturale.

I motivi che hanno portato all’annullamento

Il Consiglio di Stato ha esaminato i motivi di appello di Iliad, concentrandosi in particolare su tre aspetti: l’uso di una “circostanza nuova e ipotetica” (l’avvio del procedimento di vincolo) come base per il diniego, l’omessa e insufficiente valutazione delle misure di mitigazione e la carenza motivazionale sul presunto contrasto paesaggistico.

Il primo motivo è stato ritenuto fondato, in quanto il Collegio ha rilevato che, sebbene l’amministrazione potesse tenere conto della sopravvenienza dell’avvio del procedimento per la dichiarazione di interesse culturale, non poteva ritenere legittimo il provvedimento nella parte in cui ha dato rilievo “alla specifica necessità di tutelare la visuale dall’antico Molino di mare”, poiché le disposizioni cautelari applicabili in tale fase non includevano specificamente la tutela visiva invocata.

Mancata valutazione delle opere di mitigazione

Decisivo per l’accoglimento dell’appello è stato anche il secondo motivo, incentrato sull’omessa e insufficiente valutazione delle misure di mitigazione. La sentenza censura la decisione della Soprintendenza per “difetto di istruttoria e motivazione”.

In primo luogo, di fronte ai dubbi sulla correttezza dei fotoinserimenti prodotti da Iliad, l’amministrazione avrebbe dovuto chiedere una integrazione documentale o la produzione di nuovi elaborati, in applicazione del principio di leale cooperazione.

Inoltre, la valutazione sul camuffamento dell’impianto con un finto pino mediterraneo è stata ritenuta insufficiente. La motivazione della Soprintendenza, secondo cui l’albero finto avrebbe un’altezza superiore alla media degli alberi circostanti, è stata contestata dal Collegio, il quale ha osservato che la circostanza che in natura vi siano alcuni alberi più alti di quelli circostanti è evenienza frequente e di comune esperienza. Per tale ragione, la decisione non è apparsa “sufficientemente e correttamente motivata” in merito all’inadeguatezza della misura di mitigazione. La tinteggiatura, invece, è stata ritenuta insufficiente.

Insufficiente motivazione sul contrasto paesaggistico

Infine, anche il terzo motivo di appello è stato accolto. La motivazione principale addotta dall’amministrazione per l’incompatibilità con il vincolo paesaggistico era la mera visibilità dell’infrastruttura dalla via Molino di mare e, in particolare, dall’antico mulino medievale.

Secondo il Consiglio di Stato, tale motivazione “non è tuttavia sufficiente”. L’amministrazione, infatti, non avrebbe dovuto “limitarsi a constatare la mera visibilità dell’infrastruttura”, ma avrebbe dovuto “indicare specificamente le ragioni per le quali lo stesso non si inserisce adeguatamente nel contesto complessivo di riferimento”, tenendo conto delle caratteristiche specifiche dell’impianto.

Per le ragioni esposte, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello e ha annullato il provvedimento della Soprintendenza. Le amministrazioni appellate sono state inoltre condannate in solido al pagamento delle spese legali, liquidate in euro 4.000,00 in favore della società appellante.

Quella delle antenne è una questione che sta facendo discutere a Capaccio Paestum. Nei mesi scorsi Il Comitato Cittadino “Capaccio Bella” ha avviato una raccolta firme per chiedere la delocalizzazione dell’antenna 5G installata presso il Capoluogo, di preciso, in via Cupone.

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TAG:antennacapaccio paestumCilento
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