Attualità

Nel Cilento va in scena la rappresentazione del martirio di San Bartolomeo

Nel Cilento, a Pellare, il martirio di San Bartolomeo Apostolo diventa una rappresentazione teatrale.

Comunicato Stampa

24 Agosto 2015

Nel Cilento, a Pellare, il martirio di San Bartolomeo Apostolo diventa una rappresentazione teatrale.

Lo scorso 22 agosto – a tre giorni dai solenni festeggiamenti del Santo Patrono – a Pellare, nella piazza di Santa Caterina, è andata in scena la rappresentazione teatrale “Della vita e del martirio di San Bartolomeo Apostolo”, ad opera dell’attore, registra e autore teatrale, Gaetano Stella.
Una rievocazione che evidenzia lo studio, la ricerca, la cura nei particolari da parte del registra salernitano (noto nel panorama teatrale campano, tra le altre cose, per la sue rievocazioni storiche. Dal 1989, diversi sono i suoi lavori in tal senso: dallo sbarco di Pisacane, alle storie dei briganti, a S. Matteo), oltre a narrare la vita dell’apostolo Natanaele – enfatizzandola grazie ad un attento gioco di luci, suoni, musiche e canti dal vivo, costumi d’epoca, nonché attraverso l’interpretazione degli attori e degli artisti-acrobati sui trampoli – ha introdotto elementi legati alla storia del Paese e alle sue tradizioni, conferendo alla rappresentazione un’atmosfera “familiare”. Evento reso ancor più coinvolgente grazie alla partecipazione, come figuranti, di alcuni abitanti di Pellare. Infatti, quest’ultimi, insieme agli attori e ai trampolieri, hanno percorso le vie del Paese in corteo, o meglio – per rimanere in tema – in processione fino a raggiungere la piazza dove era allestito il palco.
«Gente, gente: assettateve e sentite! Oggi è il 22 agosto del 2015. Come passa ‘o tiempo, eh? Appizzate bbuone le ‘recchie. Pure vuje, signori di Pellare, crisciuti senza ‘a paura re ‘a fame, re ‘a sete. ‘A fame, chella vera. ‘A sete, chella ca t’accire e nun se leva. Gente re ‘o paese mio, chella ca ve cunto è ‘na storia vera, ca nun ha persa a’ forza e nun se so’ sbiaditi i ricordi, sulo pecché so’ passati tant’anni. Io mi chiamo Pasqualina Ruggiero, contadina. Nata e cresciuta a Pellare. Io sono nata il 22 agosto del 1935. Sì signori, oggi è il mio compleanno: faccio ottant’anni! Oggi ve vengo a cuntà ‘na storia ca nun se ‘mpara ‘ncoppa i libri, ma miezzo a ‘nu piezzo e terra asciutta ca nun caccia frutti. Allora, là capisci ca le lacrime nun servono, ma servono cheste (indicando le mani) e serve ‘a fede. So’ passati tant’anni. Era il 1953. I’ tenevo diciott’anni, ma erano tiempi brutti pe’ ‘sta terra. I’ tenevo una certezza nella vita mia, una speranza, una sola: San Bartolomeo. Sul’isso. E chella sera, come ogni sera, prima re me mette rindo ‘o lietto o’ preaì, o’ chiamai e isso…».
Con questo preambolo, si è entrati nel vivo della rappresentazione teatrale, che è proseguita con una prima parte incentrata sulle vicende – concernenti la vita e le opere di San Bartolomeo – narrate nel vangelo e nei testi sacri, fino “alla palma del martirio che, infin, ti incoronò”.
«Guardàc, guardàc sempe (rivolgendosi al Santo). Oggi comm a’ tanno. Ricordo ‘a casa mia, era difficile ‘a campà. Era il 1953», riprende nella seconda parte l’attrice Chiara De Vita (l’interprete di “Pasqualina”) che, con un salto temporale, ci apre la porta di casa sua, facendoci conoscere le vicissitudini della sua famiglia, di Bartolomeo – suo fratello – costretto dalle difficoltà economiche dell’epoca ad emigrare. Una storia in cui in molti – ripensando al passato – avranno trovato delle affinità. Anni difficili, quando la miseria costringeva i figli di questa terra a lasciare, con la valigia di cartone, i propri cari per andare a cercare fortuna in America. A Caracas.
E così, prima di partire, con la morte nel cuore si salutava i luoghi natii: «Paese mio, Paese d’’o Ciliento, che guarde ‘o mare ‘a coppa ‘na montagna. ‘a nustalgia che tengo ‘e ‘sta campagna me tarla ‘o core peggio ‘e nu turmiento». È l’omaggio che Gaetano Stella, durante la rappresentazione, ha fatto al poeta Enzo D’Orsi, nato a Pellare.
Tempi in cui, appunto, come detto in apertura della rappresentazione, si aveva una sola speranza, quella nel Santo Patrono, perché «sul’ isso ci putevà proteggèr a tuttì quantì». E così, tornando al 2015, “Pasqualina” conclude dicendo: «So’ passati tan’anni, so’ succèss tantè cosè bellè e tantè cosè bruttè. Pecché ‘a vita è accussì. ‘o tiemp nun contà: aier’ è comm si fossè oggi e oggi è comm si fossè aier’».
E poiché, oggi è come se fosse ieri, nemmeno quelli attuali – anche se in chiave diversa – sono anni sereni. Sempre più spesso i nostri giovani sono costretti a trasferirsi – per quelli che riescono a trovarlo – per lavoro, non più con le valigie di cartone, ma con i tablet e pc portatili. Oggi come ieri rimane ferma nei nostri territori – anche nei più scettici – una certezza: la fede nel Santo Protettore. Per questo, con l’emozione ancora a fior di pelle, come recita la preghiera pronunciata a margine della solenne processione: «San Bartolomeo, Pellare ti vuole bene, Pellare si affida a te».

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