All’alba, quando il cielo sopra Castellabate si tinge di rosa e il mare è ancora uno specchio silenzioso, Gianluca Di Luccia è già in barca. La sua giornata comincia prima che il paese si svegli: controlla le reti, prepara le lenze, scruta l’orizzonte con l’occhio esperto di chi conosce ogni sfumatura del mare. Il profumo salmastro e il canto dei gabbiani sono la sua colonna sonora quotidiana.
Castellabate, con le sue calette nascoste e la costa che alterna rocce e sabbia dorata, è una cornice preziosa che accompagna il lavoro dei pescatori. Gianluca racconta come il mare, da queste parti, sia generoso ma anche severo: “Ogni uscita è diversa – dice – bisogna saper leggere il vento e le correnti, rispettare i suoi tempi.” Mentre la barca scivola lenta sulle acque cristalline, mi indica i punti più ricchi di vita, dove ancora oggi si pratica la pesca tradizionale tramandata da generazioni. Il sole sale, e con esso la vita del borgo marinaro prende ritmo: i primi bagnanti arrivano in spiaggia, i profumi delle cucine iniziano a mescolarsi con quello del mare. Intanto Gianluca rientra al porto con il frutto del suo lavoro: cassette di alici, spigole, cefali e a volte polpi, che finiranno sulle tavole delle famiglie e nei ristoranti del paese.
Seduti sulla barca, mi parla della costa cilentana come di una madre: accogliente, fertile, ma da rispettare. Ogni insenatura ha una storia, ogni scoglio un soprannome, ogni tramonto una promessa. Castellabate non è solo un luogo di bellezza: è un modo di vivere, fatto di equilibrio con la natura e di legami profondi con le proprie radici.
Così, la giornata tipo di un pescatore come Gianluca diventa una finestra aperta su un mondo che conserva intatti i valori dell’autenticità: il lavoro paziente, l’amore per il mare, e l’orgoglio di far parte di una comunità che respira ancora al ritmo delle onde.