Cronaca

Lottizzazione abusiva a Capaccio Paestum: annullato dissequestro di un resort di località Laura

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza del Tribunale di Salerno che aveva confermato il dissequestro della struttura turistico-ricettiva “Resort Giglio di Mare”, situata a Capaccio Paestum in località Laura. La Terza Sezione Penale ha accolto il ricorso del Procuratore della Repubblica, disponendo un nuovo giudizio dinanzi al Tribunale del Riesame.

Al centro della vicenda giudiziaria vi sono le accuse di lottizzazione abusiva, abuso edilizio, falso in atto pubblico e reati paesaggistici.

Nel febbraio del 2024, vennero indagati a vario titolo, il proprietario della struttura, 4 tecnici comunali, 2 funzionari della Regione Campania, un tecnico progettista e un agronomo nonché il titolare di un’impresa forestale.

Il complesso ricettivo era stato oggetto di un provvedimento di revoca del sequestro preventivo nel marzo 2025, decisione poi confermata in appello a maggio. Tuttavia, secondo gli Ermellini, le motivazioni che hanno portato alla restituzione del bene alla proprietà presentano lacune.

Il nodo del blocco centrale e dei miniappartamenti

Uno dei punti critici sollevati dalla Procura riguarda la legittimità del “blocco centrale” della struttura. La difesa e i giudici di merito avevano ipotizzato che tale corpo di fabbrica, inclusi i cosiddetti “miniappartamenti”, fosse stato realizzato prima del 1° settembre 1967, data spartiacque per l’obbligo di licenza edilizia (la cosiddetta legge ponte).

La Cassazione ha però ritenuto fondate le censure del Pubblico Ministero. Dagli atti emerge infatti che i grafici allegati alla licenza edilizia prevedevano solo “sette cabine in muratura” e non gli attuali miniappartamenti. Inoltre, i periti nominati avrebbero rilevato che la consistenza attuale dell’immobile non corrisponderebbe a quella autorizzata nel 1968. La Corte ha sottolineato come il Tribunale non avrebbe fornito una risposta adeguata su questa discrepanza, rendendo la motivazione sul punto “meramente apparente”.

I dubbi sul condono dei villini

Il secondo fronte dell’inchiesta riguarda i villini e le altre opere oggetto di condono edilizio. La Procura ha contestato la legittimità della sanatoria concessa nel 2019, evidenziando differenze volumetriche tra l’istanza originaria del 1986 e l’integrazione presentata nel 2017.

Secondo la sentenza, il Tribunale ha trascurato taluni elementi, come un sopralluogo del 1991 che attestava variazioni sostanziali avvenute dopo il 1983, termine ultimo per accedere al condono.

La questione della buona fede

Un aspetto centrale della decisione riguarda il cosiddetto “legittimo affidamento” del privato. Il Tribunale aveva ritenuto che l’attuale gestore avesse agito in buona fede, confidando nella regolarità delle pratiche amministrative pregresse e nell’esito di una gara pubblica.

La Suprema Corte ha ribaltato questa visione, stabilendo un principio rigoroso: chi esegue nuovi interventi su opere abusive “fa propria la precedente attività illecita”. Nel caso specifico, se l’imprenditore ha basato la sua convinzione di legittimità su documenti (come la licenza del 1968) che in realtà smentiscono la regolarità dello stato dei luoghi, non può invocare la buona fede. La Corte ha precisato che l’affidamento non può essere presunto se si basa su dati di fatto inesatti.

Cosa succede adesso

Con l’annullamento dell’ordinanza, la palla torna al Tribunale di Salerno. I giudici del rinvio dovranno riesaminare l’appello del Pubblico Ministero colmando i vuoti motivazionali evidenziati dalla Cassazione, sia sulla datazione delle opere che sulla validità dei condoni. Fino alla nuova pronuncia, la questione della disponibilità del resort rimane aperta.

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