La ricercasu Google sta vivendo una rivoluzione, da un lato c’è AI Overview, la risposta sintetica che si piazza in cima alla SERP e “fa il lavoro sporco” di leggere, confrontare, distillare le informazioni raccolte da più fonti e restituire una risposta sintetica alle ricerche degli utenti. Dall’altro arriva AI MODE, un paradigma di ricerca più conversazionale, multimodale e profondo che promette di fondere domande complesse, immagini e follow-up in un flusso unico. La domanda che serpeggia in redazioni, agenzie e reparti marketing è la stessa: se l’AI risponde subito e bene, che fine fanno i click ai siti? E come cambia il comportamento degli utenti quando “la risposta” non è più un elenco di risultati, ma un testo esplicativo? In questo scenario c’è chi vede una rivoluzione utilissima per l’utente e chi teme un cortocircuito di valore per l’ecosistema editoriale. Non è teoria: è già pratica quotidiana in molti mercati, con rollout progressivi e test che mostrano quanto le abitudini stiano virando dal “cerco e clicco” al “chiedo e ottengo”. Abbiamo parlato di queste tematiche con il team di Optimamente SRL, agenzia specializzata in SEO, Copywriting e Content Marketing, di seguito quanto emerso nella nostra chiacchierata.
Nel linguaggio comune capita di confondere AI MODE con AI Overview, ma le due cose non coincidono. AI Overview è il riquadro generativo che Google inserisce in SERP: legge decine di fonti, costruisce un abstract, suggerisce step operativi e mostra link per approfondire. È un “riassunto” orientato alla risposta immediata, pensato per domande in cui l’utente desidera una sintesi autorevole senza saltare da una pagina all’altra. AI MODE, invece, è un contesto di ricerca nuovo in cui l’utente può avviare una conversazione, integrare immagini, integrare la domanda, esplorare cluster informativi e proseguire come se stesse chattando con un esperto. La chiave è la continuità dell’interazione: la ricerca non finisce con la prima risposta, ma scivola in un percorso guidato dove l’AI propone nuove piste, anticipa follow-up e affina i risultati. Per l’utente è pratico: meno zig-zag, più senso di “dialogo con il motore”. Per i siti è un cambio di regole: meno esposizione dei link, più rilevanza al contesto e alla credibilità delle fonti che l’AI decide di citare. In mezzo, un tema caldo: la trasparenza dei criteri di selezione e l’effetto domino sui tassi di click verso i siti, che diventano più contenuti rispetto alla SERP tradizionale.
Dal punto di vista dell’utenza, AI MODE guida l’utente all’approfondimento con domande più lunghe, più dettagli, più contesto: l’utente “parla” e l’AI ricompone il puzzle. AI Overview riduce il lavoro cognitivo: offre una risposta sintetica e guidata, con passaggi chiave già ordinati. Il risultato è un’esperienza che assomiglia a un consulente sempre disponibile, capace di integrare fonti e dati in tempo reale. Questo modello eleva anche le aspettative: chi cerca pretende risposte precise, coerenti, verificabili, magari con citazioni utili per approfondire, e si aspetta che l’AI ricordi il contesto e non riparta da zero a ogni domanda. Cresce la centralità dei casi d’uso pratici: “come faccio”, “cosa conviene”, “quale scegliere”, “mostrami dove sbaglio”. La ricerca diventa un percorso più che un punto di arrivo, e con AI MODE le persone imparano a iterare, a “zoomare” sull’argomento con follow-up immediati. Il rovescio della medaglia è la disintermediazione: se la risposta proposta dall’AI è già risolutiva, molti rinunciano al click. Per alcuni contenuti informativi la visita al sito passa da “passaggio obbligato” a opzione. Allo stesso tempo, cresce il valore delle risorse davvero distintive: dati proprietari, metodologie, strumenti interattivi, punti di vista esperti. In una parola, esperienza.
Per i siti web la trasformazione è profonda. La visibilità media dei risultati si assottiglia quando AI Overview occupa la parte “calda” (quella alta) della pagina, mentre AI MODE tende a drenare l’attenzione nel suo dialogo interno. I publisher generalisti e i blog “how-to” che campavano di ricerche “informazionali” vedono scendere drasticamente il volume di utenza. Non è un apocalisse, è una selezione naturale del valore: dove c’è competenza dimostrabile, dati originali, test comparativi seri, l’AI ha incentivi a citare le fonti e gli utenti hanno motivi per approfondire. La SEO classica non basta più se si limita a riformulare informazioni note: oggi E-E-A-T non è uno slogan ma l’asse portante di qualunque contenuto che aspiri a essere riusato dall’AI.
Chi vince? Chi specializza le pagine per intenti nitidi, offre evidenze, mette strumenti che l’AI non può riprodurre (calcolatori, configuratori, dataset proprietari, benchmark replicabili), aggiorna spesso con changelog chiari e firma con esperti riconoscibili.
Chi perde? I contenuti parafrasi del web, senza segnali di esperienza e proof. In mezzo ci sono i brand: se costruisci reputazione e autorità, AI MODE tenderà a riconoscerti, trasformando la citazione in traffico qualificato e in trust che resta.
Nel confronto con il team di Optimamente SRL emergono quindi due consapevolezze:
La strategia cambia, meno rincorsa alle “venti keyword di tendenza”, più cluster tematici. In redazione il discorso è simile: schede dati, timeline, FAQ proprietarie e grafici originali diventano il cuore del valore. Le metriche di successo si allargano: non solo traffico, ma menzioni AI, quality visits, tempo di navigazione e interazione.
Un altro parere autorevole che abbiamo ascoltato è quello di Junior Cristarella di Sbirca La Notizia Magazine, è questa l’affermazione con cui abbiamo iniziato il nostro dialogo:
“Se Google con AI Overview risponde già a tutto e AI MODE trattiene l’utente in un recinto conversazionale, ai quotidiani e ai magazine resta la fatica di produrre contenuti senza il ritorno proporzionale di traffico. È come giocare una partita in trasferta con l’arbitro che fischia corto: anche quando fai bene, non arrivi in porta.”
La sua posizione è critica e fotografa il sentiment di molte redazioni locali e verticali che vedono calare le pagine viste sulle tematiche più attuali. Tuttavia, il Direttore di Sbircia la Notizia Magazine riconosce che le testate capaci di differenziarsi con inchieste, dati esclusivi, rubriche autorevoli e servizi utili riescono a entrare nelle citazioni AI e a difendere il valore del loro lavoro. Il punto di equilibrio passa dalla specializzazione: diventare fonte necessaria su una nicchia, mettere sul tavolo prove e dataset che l’AI non può sintetizzare senza un interlocutore umano. Sì, l’AI “accorcia” la SERP, ma non può sostituire il giornalismo che scava né l’expertise che costruisce soluzioni. Chi dimostra, resiste. Chi copia, è destinato all’estinzione.
Pensare solo in termini di parole chiave non regge più. Con AI MODE e AI Overview serve una SEO delle evidenze. Primo asse: contenuti che mostrano: tabelle con dati proprietari, metodi, campioni e limiti, comparazioni con criteri trasparenti, screenshot e foto originali con metadati coerenti. Secondo asse: architettura informativa pulita che consenta all’AI di mappare gli intenti e completare il puzzle; ecco quindi che una struttura pillar + cluster diventa efficace, come anche FAQ proprietarie che anticipano le domande successive. Terzo asse: profilazione dell’autorevolezza. E-E-A-T solida, bio degli autori, fonti esplicite, versioning degli aggiornamenti, trasparenza sui conflitti d’interesse. Quarto asse: esperienza d’uso. Se l’AI porta meno “primi click”, ciascun click vale di più: UX rapida, tempo di interazione alto, strumenti interni (calculator, configuratori, check-list), micro-conversioni che trasformano lettori in iscritti, iscritti in clienti. Infine, il brand: AI MODE cita volentieri chi è riconoscibile. Investire in PR digitali, citazioni autorevoli e co-citazioni crea quel “campo gravitazionale” che rende un sito preferibile come fonte. Non è solo SEO; è costruzione di reputazione.
AI MODE e AI Overview non stanno “uccidendo il web”, stanno facendo pulizia. Gli utenti ottengono tempo risparmiato e chiarezza; per i siti vincono specializzazione, autorevolezza, prodotti editoriali che vanno oltre l’articolo singolo. La vera metrica da guardare non è solo il traffico, ma il valore per sessione: contatti qualificati, iscrizioni, demo avviate, richieste di consulenza. Editorialmente è l’ora dei format proprietari, delle metodologie replicabili, della firma che conta. Strategicamente è il momento di costruire accordi dati-centrici, arricchire i contenuti con strumenti, presidiare nicchie dove si può essere fonte primaria.
Pro: AI MODE rende la conoscenza più accessibile, AI Overview è un potente primo sguardo che evita ricerche superficiali a catena.
Contro: il rischio di cannibalizzazione c’è e pesa, soprattutto per i publisher generalisti. La risposta non è fermare l’AI, ma costringerla alla qualità: con contenuti migliori, trasparenza sulle fonti e modelli di partnership che restituiscano valore a chi produce ciò che l’AI riassume.
In fondo, il futuro della ricerca dipende da una semplice equazione: se l’AI aiuta le persone senza arrecare danno chi crea contenuti, vince l’utente e vince il web. Sta a noi, oggi, impostare il bilanciamento giusto.