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Inizia la raccolta dei funghi: ecco come riconoscere quelli pericolosi. Parla il fungaiolo Giandomenico Lettieri di Roccadaspide

Nel Cilento, con i suoi boschi di castagno, cerro, faggio e rovere, si possono incontrare specie pregiate come porcini, prugnoli, chiodini e finferli, ma anche molte specie pericolose

A cura di Raffaella Giaccio
Pubblicato il 21 Ottobre 2025
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L’autunno è da sempre considerato uno dei periodi migliori per la raccolta di funghi nel Cilento, grazie all’aumento delle precipitazioni e alle temperature più miti che stimolano la crescita dei carpofori. Tuttavia, non sempre si tratta di funghi commestibili: è necessaria prudenza, esperienza e il rispetto delle normative locali.

Inoltre, ogni zona ha le sue “finestre” di raccolta in cui le condizioni ambientali (umidità, pioggia, ventilazione) favoriscono la nascita di specie interessanti. In Campania, per esempio, esiste un “semaforo dei funghi” che monitora le precipitazioni e segnala le aree potenzialmente produttive.

Le specie di funghi nel Cilento

Nel Cilento, con i suoi boschi di castagno, cerro, faggio e rovere, si possono incontrare specie pregiate come porcini, prugnoli, chiodini e finferli, ma anche molte specie pericolose.

Giandomenico Lettieri è un fungaiolo esperto originario di Roccadaspide, nel cuore del Cilento montano. La sua profonda conoscenza del territorio — in particolare del Monte Vesole che sovrasta Roccadaspide e offre habitat ideali per i funghi — lo rende una voce autorevole per chi vuole avvicinarsi alla raccolta in modo consapevole.

Ai microfoni di InfoCilento, Lettieri ha offerto consigli preziosi su cosa evitare di raccogliere in questo periodo e come muoversi con cautela nei boschi locali.

Tra i funghi che Giandomenico Lettieri invita a non raccogliere mai, anche solo per curiosità, c’è la temutissima Amanita phalloides, comunemente nota come “angelo della morte”. È considerata il fungo più velenoso d’Europa, responsabile di oltre il 90% degli avvelenamenti mortali da funghi in Italia.

L’Amanita phalloides presenta caratteristiche ben definite, ma che spesso sfuggono ai raccoglitori non esperti:

  • Cappello: di colore variabile dal verde oliva al giallognolo, liscio e lucido, con margine regolare.
  • Lamelle: bianche, fitte e non aderenti al gambo.
  • Gambo: bianco o verdastro, con un anello membranoso e una volva (una specie di “sacchetto”) alla base — elemento chiave per distinguerla.
  • Odore: dolciastro da giovane, ma sgradevole negli esemplari maturi.

Nel Cilento, dove i boschi offrono habitat ideali, la sua presenza è tutt’altro che rara, specialmente nei mesi autunnali. Lettieri ricorda che «può crescere accanto a specie commestibili come i porcini o i prataioli, e per un occhio inesperto è facile confonderla con funghi innocui».

Il pericolo dell’Amanita phalloides

Il pericolo dell’Amanita phalloides risiede nelle amatossine, sostanze termostabili e resistenti alla cottura, che danneggiano in modo irreversibile il fegato e i reni.

L’intossicazione è subdola: i sintomi possono comparire anche 8–12 ore dopo il pasto, quando ormai i danni interni sono già avanzati. Tra i sintomi più comuni si annoverano: nausea, vomito, dolori addominali, diarrea intensa, seguiti da un’apparente fase di miglioramento, prima del collasso epatico.

Lettieri raccomanda di non attendere la comparsa dei sintomi: in caso di dubbio, «bisogna recarsi immediatamente al pronto soccorso portando, se possibile, i resti del fungo consumato o i residui del pasto». Il trattamento richiede ospedalizzazione urgente e può prevedere anche il trapianto di fegato nei casi più gravi.

«L’Amanita phalloides è bellissima, ma letale», spiega Lettieri. «Il suo aspetto inganna facilmente chi non ha esperienza. Per questo dico sempre: se non conosci il fungo al cento per cento, non raccoglierlo e non mangiarlo mai».

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TAG:Cilentogiandomenico lettieriraccolta funghiroccadaspide
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