Il Consiglio di Stato ha messo la parola fine a una lunga battaglia legale che vedeva contrapposti il Comune di Agropoli e i proprietari di alcuni terreni interessati dal nuovo Piano Urbanistico Comunale (PUC). I giudici della Quarta Sezione, con la sentenza del 15 maggio 2025, hanno respinto l’appello presentato dalla famiglia de Stefano di Ogliastro, confermando la legittimità delle scelte urbanistiche dell’amministrazione comunale, in particolare la localizzazione della nuova area cimiteriale in località Mattine.
I ricorrenti avevano impugnato il PUC di Agropoli, approvato con delibera di Consiglio comunale nel dicembre 2020. La loro contestazione si focalizzava sulla destinazione d’uso attribuita ai loro terreni, che, anziché rimanere zona agricola a elevata dotazione di risorse naturali (E2), erano stati classificati in parte come area cimiteriale e di rispetto cimiteriale, e in parte come aree destinate a parcheggio pubblico, parco pubblico e ad espansione turistica.
I proprietari, che sui suoli in questione gestiscono due aziende agricole di allevamento bufalino, avevano sollevato una serie di obiezioni. Tra le principali, la presunta illogicità e immotivazione della scelta, il mancato rispetto dei requisiti idrogeologici per la costruzione di un cimitero (in particolare la presenza di una falda acquifera superficiale, incompatibile con l’art. 57 del d.P.R. n. 285/1990), il presunto sovradimensionamento della struttura, il rischio di inquinamento per l’ambiente circostante e l’effetto espulsivo sull’attività imprenditoriale esistente. Hanno inoltre eccepito la scarsa qualità panoramica dei suoli destinati a espansione turistica.
Il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) per la Campania, sezione staccata di Salerno, aveva già rigettato il ricorso nel merito. Il TAR aveva riconosciuto l’ampia discrezionalità dell’amministrazione in materia urbanistica e aveva ritenuto la scelta della nuova area cimiteriale congrua e motivata.
Il Consiglio di Stato ha ora confermato in pieno l’orientamento del TAR. I giudici hanno richiamato i consolidati principi secondo cui le scelte di pianificazione urbanistica godono di ampia discrezionalità e sono sindacabili solo in presenza di errori di fatto o di manifesta illogicità.
In conclusione, l’appello è stato respinto e i ricorrenti condannati al pagamento delle spese legali in favore delle parti costituite.