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Diesel Euro 5 al bando, De Rosa: “Così si punisce il popolo produttivo, non si salva l’ambiente”

A cura di Redazione Infocilento
Pubblicato il 20 Giugno 2025
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Dal prossimo ottobre 2025 entrerà in vigore in diverse regioni italiane il divieto alla circolazione dei veicoli diesel Euro 5. Una misura che ha già sollevato forti critiche, soprattutto per il suo impatto sociale ed economico. Abbiamo raccolto il punto di vista del Cavaliere Domenico De Rosa, Ceo del Gruppo Smet, imprenditore e voce autorevole del settore logistica, che lancia un appello accorato: “Non si può imporre una rivoluzione verde senza fornire alternative concrete”.

Cavaliere De Rosa, qual è la sua posizione sul blocco dei diesel Euro 5 previsto da ottobre 2025?

«È l’ennesimo esempio di una deriva normativa astratta, che nasce da presupposti teoricamente condivisibili – come la riduzione delle emissioni – ma che ignora completamente il contesto socioeconomico italiano. Questa misura viene imposta dall’alto, nel solco delle direttive europee, ma senza considerare le condizioni reali delle famiglie, degli artigiani, dei commercianti.»

Il provvedimento non dovrebbe favorire la transizione ecologica?

«In teoria sì, ma nella pratica si traduce in un ambientalismo punitivo, che non premia chi si adegua, ma punisce chi non può. I più colpiti non saranno i possessori di auto elettriche o ibride di lusso, ma famiglie monoreddito, lavoratori autonomi e piccole imprese, spesso in zone urbane dove mancano alternative valide di mobilità.»

Il problema è quindi la mancanza di alternative concrete?

«Esattamente. In Italia non esiste ancora un sistema di trasporto pubblico efficiente e capillare, né un mercato elettrico accessibile alla maggioranza. I diesel Euro 5, spesso ancora perfettamente funzionanti, verranno esclusi per obbedienza ideologica, non per ragioni tecniche. È una scorciatoia che non crea innovazione, ma disuguaglianza e impoverimento.»

Cosa pensa della spinta europea verso una transizione ecologica accelerata?

«C’è un’uniformità miope nel pensiero europeo. Si tratta la Polonia come la Danimarca, l’Italia come i Paesi Bassi, senza tenere conto delle profonde differenze in termini di reddito, infrastrutture e competitività industriale. L’Italia dovrebbe avere il coraggio di proporre una strada diversa, realistica, che coniughi sostenibilità ambientale e tenuta sociale.»

Quali sono i rischi principali secondo lei?

«Il primo è l’impatto economico devastante su interi comparti legati alla mobilità urbana e alla logistica. Il secondo, ancora più pericoloso, è l’effetto sul piano sociale: l’ambientalismo inizia a essere percepito come un’imposizione elitista. Questo scollamento tra istituzioni e cittadini è un terreno fertile per sfiducia e tensioni.»

Cosa dovrebbe fare il governo per correggere la rotta?

«Smettere di considerare ogni direttiva europea come un destino inevitabile. Serve una politica nazionale autonoma, che parta dai bisogni concreti del Paese e costruisca soluzioni praticabili. Basta divieti: investiamo in infrastrutture, trasporti pubblici, innovazione industriale. Solo così l’Italia potrà tornare protagonista nel dibattito europeo, anziché restarne vittima passiva.»

La riflessione del Cavaliere Domenico De Rosa lancia un monito chiaro: la transizione ecologica è necessaria, ma deve essere costruita con intelligenza, equità e rispetto per le reali condizioni della società italiana. Ignorare questo equilibrio significa alimentare fratture sociali e rischiare un rigetto generale verso politiche che dovrebbero invece unire. Il futuro dell’Italia passa anche da qui: dalla capacità di coniugare sostenibilità con giustizia sociale.

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