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Automotive in Italia tra crisi dei fornitori e sfida europea: Intervista a Cavaliere Domenico De Rosa CEO SMET Group

A cura di Ernesto Rocco
Pubblicato il 4 Ottobre 2025
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De Rosa

D. Cavaliere De Rosa negli ultimi giorni il Ministro Adolfo Urso è intervenuto sia a Bruxelles che in Parlamento sul futuro di Stellantis e più in generale sul comparto automotive italiano. Qual è la sua valutazione?

“L’intervento del Ministro Urso ha avuto il merito di riportare il tema al centro del dibattito politico ed europeo. Ha sottolineato una verità che noi imprenditori viviamo ogni giorno. L’Italia non può permettersi di subire decisioni prese altrove senza difendere il proprio tessuto produttivo. Stellantis rappresenta una quota fondamentale del nostro sistema industriale e con essa una filiera di migliaia di fornitori italiani in larga parte piccole e medie imprese che oggi vivono un momento di crisi senza precedenti.

Il problema è duplice. Da un lato abbiamo una casa madre che riduce la capacità produttiva sul territorio nazionale con stabilimenti come Mirafiori o Cassino che operano sotto potenzialità. Dall’altro Bruxelles continua a imporre vincoli ideologici come il divieto ai motori endotermici dal 2035 che rischia di spazzare via interi settori senza offrire alternative reali”.

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D. Lei parla di crisi della filiera. Ci spiega meglio?

“Le imprese italiane dell’indotto Stellantis compreso carrozzeria componentistica elettronica e logistica hanno costruito competenze su decenni di produzione endotermica. Oggi si trovano di fronte a un cambio tecnologico repentino e forzato senza strumenti adeguati per riconvertirsi e con margini sempre più compressi.

Non dimentichiamo che in Europa il 35,7 per cento della produzione si concentra in Germania che resta il vero dominus con oltre 4 milioni di auto prodotte. La Spagna con quasi 1,9 milioni ha saputo difendere la sua capacità industriale e attrarre nuovi investimenti. L’Italia invece si ferma a poco più di 300 mila unità pari al 2,7 per cento del totale europeo. Un dato drammatico che racconta il nostro declino competitivo”.

D. Come giudica allora le politiche europee a partire dal Green Deal

“Il Green Deal ha trasformato un obiettivo sacrosanto come la sostenibilità in una gabbia ideologica. La politica ha deciso non solo il traguardo ma anche il percorso imponendo un’unica tecnologia l’elettrico a batteria e vietando ogni altra possibilità. È un approccio miope che penalizza l’innovazione e l’industria europea rispetto a Stati Uniti e Cina dove si investe in elettrico ma anche in ibrido idrogeno e biocarburanti.

Non serve imporre il divieto ai motori endotermici dal 2035. Serve invece garantire libertà tecnologica. Vuol dire lasciare al mercato e alla ricerca scientifica la possibilità di sviluppare più soluzioni tutte finalizzate alla riduzione delle emissioni ma senza dogmi”.

D. Cosa si rischia se non si cambia direzione

“Si rischia un deserto industriale. Non solo la perdita di centri produttivi storici ma anche la distruzione della nostra filiera di piccole e medie imprese che rappresenta ricchezza e occupazione. Ogni auto prodotta in Italia genera lavoro non solo in fabbrica ma anche in officine trasporti logistica forniture di materiali.

E attenzione. Non si tratta di difendere il passato. Sono il primo a credere nella transizione ecologica. Ma deve essere guidata dal pragmatismo non dall’ideologia. La vera sfida è garantire una transizione che non uccida il lavoro la competitività e il know how costruito in decenni”.

D. Quindi la sua proposta

“Tre punti chiari.

Primo difendere gli stabilimenti italiani di Stellantis e legare eventuali incentivi a piani industriali concreti di produzione nazionale.

Secondo sostenere l’indotto con strumenti di riconversione reale e non con sussidi a pioggia.

Terzo spingere in Europa per abolire il divieto degli endotermici dal 2035 e introdurre invece la libertà tecnologica.

Solo così l’Italia potrà restare un Paese manifatturiero e non ridursi a un semplice mercato di consumo di auto prodotte altrove”.

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