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Processo Shamar. La testimonianza cruciale: “Ho fatto scoprire i bidoni da sversare”

Due testimonianze cruciali nell'udienza di ieri: quella del proprietario della cava dove sono stati stoccati i rifiuti e quella dell'"agente provocatore"

A cura di Federica Pistone
Pubblicato il 8 Marzo 2024
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Ieri mattina si è tenuta l’ottava udienza del processo Shamar presso il tribunale di Lagonegro in merito allo sversamento illecito di rifiuti tossici nel Vallo di Diano. Lo scorso 8 febbraio l’udienza era stata rinviata. Le indagini scaturite dalle intercettazioni e dai sequestri dei rifiuti avvenute nell’ottobre 2019 e l’inchiesta successiva condotta dalla direzione distrettuale antimafia di Potenza nel 2021 ha coinvolto 8 persone nel processo per lo stoccaggio e sversamento di 32 cisterne di liquidi tossici.

L’udienza del 7 marzo

Durante l’udienza odierna presieduta dal giudice Piccinno, sono state ascoltate le testimonianze di Pasquale Quagliano e Giovanni Cardiello, entrambi imputati. È stato inoltre interrogato il proprietario di una cava di Brienza dove altri sversamenti erano stati pianificati.

Secondo quanto emerso dalle dichiarazioni di Quagliano, imprenditore valdianese nel settore dell’edilizia/calcestruzzo, sarebbe stato coinvolto nello stoccaggio di 10 cisterne. Quagliano ha spiegato di aver accettato di depositare temporaneamente le cisterne provenienti dall’azienda Pra.Cal di Atena Lucana presso una sua struttura su richiesta di Luigi Cardiello, con l’intento che fossero successivamente consegnate per lo sversamento.

Le testimonianze

Durante la sua testimonianza, Quagliano ha sostenuto di non essere a conoscenza del contenuto delle cisterne e di aver agito sulla base della fiducia nella figura di quello che è stato ridefinito “Re Mida” e nell’azienda mittente. Ha, poi, anche dichiarato di non aver ricevuto alcun compenso per lo stoccaggio, considerandolo un favore.

Ma la testimonianza cruciale è quella resa da Giovanni Cardiello, il quale ha in sostanza spiegato di essere “l’agente provocatore”, ossia colui che ha permesso ai Carabinieri di bloccare e fermare le cisterne, bluffando quindi il “Re Mida” Luigi Cardiello.

Cardiello, infatti, ha riferito di aver informato le autorità dopo una chiamata da Cardiello per lo stoccaggio e lo sversamento delle cisterne, permettendo così il sequestro delle cisterne rimanenti. Sarà compito del processo chiarire la verità sulla vicenda.

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