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Il coraggio di una donna in corsia: racconto di una mamma salernitana

La storia

A cura di Nello Amato
Pubblicato il 27 Marzo 2020
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La voce che rappresenta i sentimenti di un’intera Nazione arriva dal Salernitano, da una mamma che dal 21 febbraio vive nella paura e nella speranza.
Una mamma, una delle tante che in questi giorni ha sperato di non ricevere l’amara telefonata. È arrivata. Come un lampo ha squarciato la vita quotidiana di una famiglia normale, sensibile e onesta. Cosa significa sapere che tua figlia, che lavora in un ospedale del Nord, è risultata positiva al Coronavirus? Sicuramente non è una condanna a morte, ma l’impossibilità di vederla, di stringerla al tuo petto per dirle che “andrà tutto bene” è il vero dramma del momento.

Le mani di questa figlia sono quelle di chi instancabilmente opera in un ospedale al servizio dei malati, di chi ha bisogno di cure e attenzioni.
Essere operatore sanitario vuol dire da statuto stare al fianco del malato, alzarlo, spostarlo, aiutarlo nel compiere gli atti quotidiani della vita.
Da qualche giorno non può farlo perché è risultata positiva al Covid.
“Sta bene, mi ha detto che non vede l’ora di tornare a lavoro per aiutare i malati -racconta la mamma- mia figlia mette anima e cuore in ciò che fa, non vede l’ora di tornare in corsia e questo mi inorgoglisce”.

Magari vorrebbe sentirsi dire dalla propria figlia che non vede l’ora di tornare a casa. Alla mia risposta che di sicuro è merito dei genitori che hanno saputo trasmetterle valori autentici, questa madre del Sud risponde con umiltà e sincerità, affermando che è merito della figlia, del senso di abnegazione verso il prossimo che l’ha caratterizzata fin da piccola all’interno della famiglia.

Come si fa a trattenere le lacrime? Com’è possibile non riflettere e mettere in discussione noi stessi?
Viene da pensare che non dobbiamo piangerci addosso né lamentarci per l’impossibilità di uscire, di coltivare le abitudini di sempre.
Dobbiamo RISPETTARE LE REGOLE. Dobbiamo aiutarci l’uno con l’altro. Dobbiamo farlo per i tanti operatori sanitari che non si ritengono eroi, ma ogni giorno spendono le loro forze al fianco di chi è debole.
Dobbiamo farlo per le tante madri in ansia per i propri figli, figli che hanno fatto scelte responsabili e con la forza di un leone vogliono rialzare la testa e continuare a lottare per ciò in cui credono.

Questa madre del Sud irrompe nel silenzio delle nostre comunità, silenzio che si respira ovunque, silenzio che è attesa di un futuro prossimo in cui possiamo tornare ad abbracciarci in modo amorevole.
La speranza, però, non deve essere solo che la situazione finisca al più presto, perché non si può estirpare il male dalla terra. La speranza dev’essere che i desideri e i gesti di amore che vorremmo fare oggi vengano perpetrati non solo quando l’emergenza sarà finita, ma in ogni giorno della vita futura, per un’umanità che riscopra la bellezza e il privilegio di camminare su questa Terra.

Questa madre del Sud ci invita alla responsabilità.
Tutti siamo protagonisti in questa vicenda.
Restare a casa e adottare le misure di prevenzione equivale all’abbraccio che per ora non possiamo dare a chi vogliamo bene.

TAG:Coronavirus
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