Il Marsili, il “gigante semi-addormentato” non è solo. Ci sono altri vulcani sommersi

Chiara Esposito
Marsili

Nel corso di quest’ ultimo anno, il Marsili, il vulcano marino che giace nelle acque del Mar Tirreno, ha destato non poche preoccupazioni ai tanti cilentani che dimorano lungo la costa. Sempre più frequenti i terremoti avvertiti dalla popolazione, aventi come epicentro proprio la zona dominata dal Marsili.

Il vulcano inabissato, che si trova a circa 140 km a nord della Sicilia ed a circa 150 km ad ovest della Calabria, è il più esteso vulcano d’Europa ed è considerato piuttosto pericoloso in quanto, una sua violenta eruzione, genererebbe, in un lasso di tempo brevissimo, un maremoto capace di raggiungere le isole Eolie in meno di 15 minuti per poi estendersi verso la Calabria, la Sicilia Orientale fino al nostro Cilento. Il rischio esplosione è reale ma, nonostante il Marsili sia costantemente monitorato, risulta ovviamente impossibile sapere se e quando avverrà.

Ciò che però è ignoto a molti è l’esistenza di una catena di ben 15 vulcani sommersi nel Mar Tirreno che fanno compagnia al Marsili stesso. Questa catena vulcanica, scoperta lo scorso novembre, è denominata Palinuro ed è lunga ben 90 chilometri e larga 20: oltre ad otto vulcani sottomarini già noti, ce ne sono sette di recente scoperti. Si trova ad una profondità compresa tra 3.200 metri e 80 metri sotto il livello del mare e simboleggia una “una spaccatura della crosta terrestre dalla quale risalgono magmi provenienti dalle Isole Eolie, dal Tirreno centro-meridionale, e dall’ area compresa tra la Puglia e la Calabria”. Questa scoperta è stata rivelata dalla rivista Nature Communications, ed è il frutto del risultato di numerose campagne oceanografiche condotte negli ultimi anni da un team internazionale di vulcanologi, geofisici, e geologi marini dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV e IAMC), dell’Istituto per l’Ambiente Marino Costiero del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IAMC-CNR) e del Geological and Nuclear Sciences (GNS).

Lo studio di questo lavoro denominato “Volcanism in slab tear faults is larger than that in island-arcs and back-arcs”, non è ancora del tutto maturo. Il vulcanologo Guido Ventura afferma infatti che “La conoscenza della storia eruttiva di questi vulcani è ancora parziale e necessita di ulteriori dati e ricerche oceanografiche. Nonostante ciò, i risultati fin qui raggiunti rivoluzionano in parte la geodinamica del Tirreno e delle zone di subduzione nel mondo, e aprono nuove strade non solo alla ricostruzione dell’evoluzione della crosta terrestre, ma anche alla interpretazione e significato geodinamico delle catene vulcaniche sottomarine attive e degli archi insulari”.

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