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Gabriel Garko e Ugo Pagliai in scena ad Agropoli in nome di Shakespeare | VIDEO

Ascolta l'intervista ad Ugo Pagliai

A cura di Barbara Maurano
Pubblicato il 30 Dicembre 2016
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Ascolta l’intervista ad Ugo Pagliai

Ieri sera al CineTeatro “Eduardo De Filippo” di Agropoli è andato in scena “Odio Amleto”, spettacolo scritto da Paul Rudnick, interpretato da Gabriel Garko e Ugo Pagliai e con la partecipazione di Paola Gassman.
La storia si svolge in un tipico appartamento newyorkese. Da subito la scenografia annuncia uno spettacolo diverso dal solito, le luci e i colori rimandano allo spirito di una città che riusciamo subito ad immaginare grazie anche alla caratterizzazione dei personaggi. In scena c’è Garko che interpreta una stella del piccolo schermo, proveniente da Los Angeles e giunta a New York per dare una svolta alla propria carriera. Con lui ci sono Felicia (Annalisa Favetti) agente immobiliare e Deidre (Claudia Tosoni), ragazza di Andrew Rally.
Tre personaggi uniti da un luogo: l’appartamento del celebre attore John Barrymore. Per Deirdre, ingenua ragazza innamorata del teatro, essere lì è un sogno, per l’agente immobiliare un segno del destino, per Andrew Rally un motivo di disagio.
I tre vengono raggiunti da Lilian Troy (Paola Gassman), agente di Rally, e la storia prende subito il via. Andrew Rally ha superato il provino per interpretare l’Amleto di Shakespeare, ruolo che rese celebre Jonh Barrymore. Deirdre è eccitata; Andrew ,sempre più dubbioso, è convinto di rifiutare; Felicia, in un crescendo di battute e situazioni strambe, convince i presenti ad invocare lo spirito di Barrymore. Ma Andrew ODIA AMLETO e non riesce a trattenersi dall’urlarlo ai quattro venti. La seduta spiritica si scioglie, tutto sembra essere tornato alla normalità. Deirdre si ritira nelle sue stanze, Felicia e Lilian vanno via.
Il palcoscenico si svuota, Gabriel Garko è solo al centro della scena a chiedersi il perché, dopo anni di successi, sia ancora assalito dai dubbi amletici di un quindicenne, alle prese con una ragazza che ama ma che non vuole avere rapporti sessuali con lui e logorato dal terrore di salire in palcoscenico come se fosse al liceo. A rispondere alle sue domande ci pensa lui, John Barrymore, o meglio, il suo fantasma, richiamato in vita dall’esternazione di odio verso Amleto di Andrew Rally.
Straordinaria interpretazione di Ugo Pagliai che porta in scena il vero teatro, la vita di chi è continuamente in lotta tra la fama e la gloria. E così il palco si divide in due: da un lato Garko, tentato dai privilegi della fama e dall’altro Ugo Pagliai, vessillo dei benefici della gloria. Una contrapposizione resa ancora più forte dall’ingresso in scena dell’ottimo Guglielmo Favilla che interpreta il manager di Rally. Un personaggio che nei movimenti , nelle parole, e nell’immagine ricorda il mondo da cui proviene Garko, distante anni luce dall’universo di Pagliai. Eppure, nel secondo atto, Rally e Barrymore sono diventati l’uno lo specchio dell’altro, attori di uno stesso personaggio (l’Amleto) che, con i suoi dubbi, logora le vite di chi è costretto a confrontarsi con il palcoscenico. Entrambi sanno cosa vuol dire combattere con un fantasma, l’Amleto è lì che aleggia su di loro come il Birdman di Micheal Keaton nell’omonimo film di Inarritu.
Perché, in fondo, essere attori, vuol dire donare la propria anima ai personaggi e venderla al pubblico in nome della gloria. E non importa se ci siano fischi o applausi, l’importante è sentirsi vivi sul palcoscenico e poter dire di essere stati Amleto almeno per un secondo.
In un tipico finale da commedia di Broadway Andrew Rally rinuncia alla fama e sceglie la gloria. Il fantasma Barrymore fa i conti con le rinunce che ha fatto in vita. Toccante e seducente l’incontro con Lilian, vecchia fiamma di John Barrymore. Nel ballo che Ugo Pagliai e Paola Gassman (compagni anche nella vita) fanno sul palcoscenico si racchiude l’essenza dell’amore fugace di chi sacrifica la propria vita per l’arte.

E così, in nome del teatro, ci inchiniamo alla bravura degli attori, alla brillante sceneggiatura, alla sapiente regia di Alessandro Benvenuti e all’eleganza della lezione di vita e di teatro che Ugo Pagliai riesce a trasmettere dal palcoscenico anche con un semplice “inchino”.

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