Santa Sinforosa, insieme al marito San Getulio e ai sette figli — noti come i sette martiri tiburtini: Crescente, Giuliano, Nemesio, Primitivo, Giustino, Statteo ed Eugenio — è venerata dalla Chiesa come martire, uccisa nel 120 d.C. per ordine dell’imperatore Adriano.
Una storia di fede e martirio
La famiglia di Santa Sinforosa vive nei pressi della sontuosa villa dell’imperatore Adriano. Prima di inaugurare la sua dimora, Adriano consulta un oracolo, dal quale apprende che gli dei sono tormentati dalle preghiere che Sinforosa e i suoi figli rivolgono al loro Dio. L’oracolo suggerisce che la famiglia debba sacrificare agli dei di Roma per garantire all’imperatore i favori divini.
Adriano incarica il prefetto Licinio di arrestare Sinforosa e i suoi figli, conducendoli al tempio di Ercole per costringerli al sacrificio. Licinio tenta prima con lusinghe, poi con minacce e ricatti, ma la donna, ispirata dall’esempio del marito Getulio e dei suoi compagni Amanzio e Primitivo, rifiuta di rinnegare la propria fede. Nemmeno la minaccia di vedere i figli offerti in sacrificio la fa desistere.
Frustrato dall’inutilità dei tentativi, Adriano ordina che Sinforosa venga torturata e appesa per i capelli a un patibolo. Non ottenendo alcuna resa, ordina infine che le venga legato al collo un masso e che sia gettata nel fiume Aniene.
Anche i figli, sottoposti a minacce e torture, rifiutano di sacrificare agli dei. Vengono trafitti con la spada e sepolti in una fossa comune. Il fratello di Sinforosa, Eugenio, raccoglie i corpi e offre loro una degna sepoltura.
Il culto a Roccadaspide
La presenza delle reliquie dei santi Sinforosa e Getulio a Roccadaspide ha radici antiche. Per la sua conformazione geografica — “Rocca de Aspro”, ovvero roccia impervia — il luogo viene scelto in epoca remota come punto strategico di difesa. Nel 1245 viene costruita una fortezza, che passa sotto il dominio di vari feudatari fino alla famiglia Filomarino, che governa fino all’eversione della feudalità nel 1806.
Le reliquie giungono a Roccadaspide in seguito alla battaglia di Otranto contro i Turchi. I principi Giovanbattista e Tommaso Filomarino si distinguono per il loro coraggio, e Papa Sisto IV li premia donando loro le reliquie dei santi martiri. Da quel momento, Sinforosa e Getulio diventano i patroni del paese.
La donazione è stata rievocata in tempi recenti con eventi in costume d’epoca. La devozione dei fedeli è alimentata anche da eventi miracolosi attribuiti all’intercessione della Santa.
- Nel 1750, una devastante invasione di bruchi viene fermata grazie alla sua protezione.
- Nel 1764, una nuova minaccia — le cavallette — viene allontanata.
- Il 16 dicembre 1857, il paese è risparmiato da un terremoto.
- Nel 1904, durante la “processione dello Scanno”, il batacchio della campana della Chiesa Madre precipita sul sagrato gremito di fedeli senza causare alcun danno.
La festa patronale
Il 18 luglio, Roccadaspide celebra con grande partecipazione la festa dei suoi santi patroni. Gli imponenti stendardi e le coloratissime “cente” aprono la solenne processione, che attraversa le vie del paese con le statue dei santi. Le campane suonano a distesa, le luminarie punteggiano il percorso, e i fedeli innalzano canti accorati:
«Un inno appassionato
s’intoni in calde note
e bagnansi le gote
d’un terso lacrimar.
Conforta i nostri cuori
O dolce madre e sposa
il nome “Sinforosa”
lenisca ogni dolor!
…
O dolce protettrice
di questa buona gente
beato chi ti sente
parlare al proprio cuor.
…
La tua carezza arcana
segretamente dona
O dolce Sinforosa
sul cuor di ognun di noi»