
Una pronuncia del Tar Campania, sezione di Salerno, ridefinisce i confini dell’azione amministrativa dell’Ente Parco in materia di autorizzazioni edilizie in aree protette. Con la sentenza n. 1968/2025, pubblicata il 27 novembre, i giudici amministrativi hanno accolto il ricorso presentato dall’avvocato Pasquale D’Angiolillo nell’interesse di un privato, offrendo una “ricostruzione esemplare” dei limiti all’esercizio del potere dell’Ente nel rilascio del nulla osta ai sensi della legge n. 394/1991.
Al centro della controversia vi era la richiesta di realizzare un fabbricato rurale in zona “C2” del Piano del Parco, una struttura strumentale all’attività agricola e supportata da un piano di sviluppo aziendale.
L’Ente Parco aveva espresso parere negativo citando un’eccessiva pendenza del sito, l’incidenza significativa dei movimenti di terra e il contrasto con l’art. 8 delle Norme Tecniche di Attuazione (N.T.A.).
La Seconda Sezione del Tribunale amministrativo (presidente Durante, relatore Di Martino) ha evidenziato un vizio “manifesto” nell’operato della Pubblica Amministrazione: l’eccesso di potere per difetto di istruttoria.
Secondo la ricostruzione dei giudici, il diniego del Parco si basava esclusivamente su una lettura astratta dei grafici progettuali, senza che fosse stato effettuato alcun sopralluogo o un’analisi geomorfologica puntuale del sito.
Un approccio che ha portato a conclusioni errate. Mentre l’Ente sosteneva che l’area presentasse una pendenza uniforme del 42%, la difesa ha dimostrato, tramite perizia tecnica asseverata, che il terreno è in realtà costituito da terrazzamenti piani sostenuti da muretti a secco, già coltivati. Di conseguenza, la tesi dell’Ente sulla necessità di scavi estensivi che avrebbero compromesso l’altimetria naturale è stata smentita dai fatti, rendendo il giudizio tecnico dell’amministrazione inattendibile.
Un altro passaggio cruciale della sentenza riguarda la censura mossa al Parco per aver replicato le motivazioni di un precedente diniego emesso nel 2024, ignorando che nel frattempo il progetto era stato sostanzialmente modificato.
Il ricorrente, infatti, aveva rivisto l’opera per superare le criticità iniziali: eliminazione totale di una strada di accesso, riduzione del volume degli scavi del 65%, rimozione di pertinenze accessorie e assenza di tagli vegetativi. Nonostante ciò, l’Ente non ha valutato “in concreto” la nuova soluzione tecnica, limitandosi a riproporre le vecchie argomentazioni. Per il Tar, tale condotta integra un palese difetto di motivazione e di comparazione.
La sentenza non intende limitare il potere dell’Ente Parco di verificare la conformità degli interventi al Piano del Parco, ma ribadisce che tale potere deve fondarsi su un’istruttoria completa.
Come sottolineato dall’avvocato D’Angiolillo, la pronuncia rimarca un principio essenziale: la tutela dell’ambiente non può essere esercitata attraverso formule generiche o la riproduzione di motivazioni standardizzate. Ogni diniego, per essere legittimo, richiede un’analisi attuale, documentata e coerente con il progetto effettivamente presentato.