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Camerota, tragedia del Ciclope: confermata condanna per il titolare della discoteca

I fatti risalgono al 2015 quando un masso staccatosi dal costone roccioso sovrastante il locale uccise il 27enne Crescenzo Della Ragione

A cura di Ernesto Rocco
Pubblicato il 22 Maggio 2024
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Ieri pomeriggio, la Corte di Appello di Salerno ha confermato la condanna a due anni e mezzo per omicidio colposo a carico di Lello Sacco, proprietario della discoteca “Ciclope” di Marina di Camerota. La sentenza di secondo grado ricalca quella di primo grado, emessa dal Tribunale di Vallo della Lucania a novembre 2022.

Contenuti:
La tragedia del 2015Le indagini e la prima condannaLa conferma in appello

La tragedia del 2015

I fatti risalgono alla notte tra il 10 e l’11 agosto 2015, quando un masso staccatosi dal costone roccioso che sovrasta il locale cadde da un’altezza di circa 60 metri e uccise il 27enne Crescenzo Della Ragione. Il giovane, originario di Giugliano, si trovava nella discoteca in compagnia di amici. A causa di un improvviso nubifragio, l’evento inizialmente previsto in spiaggia si era spostato all’interno del locale.

Le indagini e la prima condanna

La morte di Della Ragione provocò un’ampia eco mediatica e diede il via a una lunga e complessa indagine. La Procura di Vallo della Lucania iscrisse nel registro degli indagati una decina di persone, tra cui l’ex sindaco di Camerota, tecnici e vigili urbani. Tuttavia, al termine dell’udienza preliminare, tutti gli indagati tranne Sacco e un buttafuori del locale (condannato per favoreggiamento in abbreviato) furono prosciolti.

Nel processo di primo grado, la pubblica accusa aveva contestato a Sacco la mancanza di adeguate misure di sicurezza per la messa in sicurezza del costone roccioso, da cui si era staccato il masso mortale. Il Tribunale di Vallo della Lucania aveva accolto le richieste del pm, condannando il proprietario del locale a due anni e mezzo di reclusione.

La conferma in appello

La difesa di Sacco aveva presentato ricorso in appello, chiedendo la rinnovazione del dibattimento. Ieri pomeriggio, la Corte di Appello di Salerno ha respinto la richiesta e confermato la condanna di primo grado.

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