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Arresto di Franco Alfieri: l’inchiesta potrebbe allargarsi. Riflettori su telefonate e “pizzini”

Per il GIP emersa la “spregiudicatezza degli indagati”. Alfieri in carcere per “rischio di reiterazione del reato e inquinamento delle prove”

A cura di Ernesto Rocco Pubblicato il 4 Ottobre 2024
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Emergono ulteriori dettagli sull’inchiesta che ha portato all’arresto del presidente della provincia di Salerno e sindaco di Capaccio Paestum Franco Alfieri. Il politico cilentano si trova recluso in carcere da ieri dopo l’esecuzione della misura cautelare da parte della Guardia di Finanza (il rischio per i magistrati è di reiterazione del reato e di inquinamento delle prove).

Indagini dirette dal procuratore Giuseppe Borrelli

È direttamente il Procuratore Capo Giuseppe Borrelli a seguire le indagini che per ora riguardano due opere pubbliche ma non è escluso che si allarghino ulteriormente. 

Al vaglio, infatti, ci sono ulteriori documenti e intercettazioni telefoniche nelle quali Alfieri fa riferimento anche ad altre opere pubbliche, come l’Aversana e la Fondovalle Calore (“dobbiamo prendercela” avrebbe detto in una telefonata in relazione all’appalto di quest’ultima). 

Al vaglio intercettazioni e “pizzini”

Nell’ordinanza si parla di “spregiudicatezza degli indagati” che dopo le perquisizioni avrebbero proseguito con le loro condotte ritenute anomale. Immaginando di essere intercettato il primo cittadino, avrebbe utilizzato i “pizzini” per dare indicazioni sulle gare, le procedure negoziate e il da farsi. Parla di soldi Franco Alfieri, anzi mima i soldi, ancor prima di sapere in maniera ufficiale di essere indagato. Per il gip è “il dominus del potere decisionale”. Scambierebbe, secondo quanto appurato dai finanzieri, bigliettini con un ingegnere quando discorrono di appalti, affidamenti e convenzioni di importi cospicui. Lo stesso ingegnere chiede al sindaco di “vietare di parlare ad altra voce – dice il gip – scrivendo su un foglio qualcosa”. Poi mostra il foglio ad Alfieri ed esclama: “quella cosa che mi hai chiesto”. 

Sempre Alfieri avrebbe chiesto ad una persona di “bonificare” il suo ufficio utilizzando un metal detector dopo aver controllato assieme a Campanile personalmente se ci fossero cimici nel suo ufficio. La sua stanza al Comune veniva lasciata quando arrivavano alcune persone. 

La posizione di Andrea Campanile

E poi c’è la figura di Andrea Campanile al vaglio degli inquirenti, membro del suo staff e sempre al suo fianco. Diverse le intercettazioni che lo riguardano e che fanno ipotizzare agli investigatori che fosse lui ad agire per conto di Franco Alfieri. Al momento Campanile è agli arresti domiciliari.

I subappalti alla Alfieri impianti

Al momento sono due gli appalti sotto accusa, entrambi relativi alla pubblica illuminazione a Capaccio Paestum e affidati alla Dervit di Roccadaspide. Per la Procura questa avrebbe in cambio affidato lavori in subappalto alla Alfieri Impianti, la ditta di famiglia amministrata dalla sorella di Franco, Elvira Alfieri (ai domiciliari). Anche tra i due fratelli sono emerse intercettazioni dalle quali emergerebbe una situazione non ottimale dell’azienda. 

E proprio analizzando la documentazione dell’azienda sono emerse ulteriori anomalie: la Dervit, per esempio avrebbe acquistato materiale presso un rifornitore nello stesso periodo in cui la società di Alfieri ha preso un subappalto a Battipaglia ma, mettendo a confronto costi degli stessi materiali, alla srl della sorella del sindaco sarebbero stati praticati prezzi inferiori. Insomma stesso fornitore, stesso materiale ma la Dervit avrebbe speso di più rispetto alla Alfieri Impianti. La Dervit spese 220.360 euro. Per le diverse forniture, quelle successive, la Alfieri avrebbe fatturato all’appaltatore 995.735 euro. Secondo i consulenti della procura, dunque, Dervit avrebbe «inspiegabilmente e contro ogni logica di mercato acquistato materiali in sola fornitura dagli Alfieri senza procedere direttamente dal fornitore. “Così operando – si legge nelle carte – la Dervit ha rinunciato all’utile di 250mila euro consentendo che di quei soldi ne usufruisse la società subappaltante”. Questa somma è stata sottoposta a sequestro preventivo per equivalente in quanto ritenuto, appunto, oggetto della corruzione.

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